E’ successo. Quello che tutti prevedevano si sta avverando: l’Inter si sta dissolvendo e sta dimostrando di non valere il terzo posto. La squadra scesa in campo sembra essere composta da giocatori messi lì per caso senza spirito di sacrificio, senza attributi, cuore e grinta. Nessuno onora la maglia, nessuno lotta. Da 5 anni manca un progetto chiaro, ai giocatori manca lo spirito di appartenenza, nessuno capisce che valore abbia la maglia nerazzurra.
Analizzando il match di ieri contro la Juventus, si ha la netta sensazione che oltre ad uno striminzito 0-0 non si poteva assolutamente andare. Di chi è la colpa? Parliamo intanto dell’atteggiamento dei giocatori: dopo un buon primo tempo, il nulla. Indisponenti, arrendevoli ed impotenti dinanzi ad una sconfitta preannunciata. Una partita del genere, storicamente così importante, deve gasare, con l’adrenalina che scorre in corpo incessantemente, mettendo voglia, grinta e cuore oltre l’ostacolo. Invece sui volti dei giocatori si leggeva incapacità e zero voglia di reagire: fisicamente e tecnicamente imbarazzanti. Tecnicamente imbarazzanti perché perdere ci stava, ma senza lottare, senza onorare la maglia non ci sta assolutamente: si regalano situazioni favorevoli agli avversari, 9 punti nel girone di ritorno, peggio di qualsiasi altra squadra, l’harakiri di D’Ambrosio è l’ennesimo di una lunga serie di errori fantozziani.
Da chi ripartire? Come ripartire? Importantissime sono state le parole dure di Ausilio dopo il match: “Sono incazzato nero, mi aspettavo che i giocatori dessero di più per questa maglia. Manca la qualità, il sacrificio e le palle. Mancano cose che in momenti particolari vanno aldilà dell’aspetto tecnico. Parlo solo di giocatori, non tocco il mister.” Ecco il mister: in 27 partite l’Inter non ha una sua identità di gioco, di squadra, di modulo. Zero come i punti di ieri, come zero stanno per diventare le possibilità di arrivare in Champions. Cambiamento di mentalità, atteggiamenti in campo con una società ed un presidente assente che è il contorno ad una situazione a tratti imbarazzante. Infatti, emergono molte negatività da questi primi anni della gestione indonesiana. Si criticava Moratti per la situazione deficitaria dal punto di vista finanziario, ma almeno era sempre presente, alternando il bastone alla carota; invece Thohir alterna caramelle a dolcetti, senza scuotere la squadra che non ha un LEADER, non ha un giocatore di personalità che si faccia sentire con voglia, orgoglio e spirito di appartenenza, trascinando fuori la squadra da questa debacle.
Molti problemi, forse troppi: chi è l’uomo forte in società? Sembrava Mancini, ma il mister si è dimostrato immotivato a cambiare questa situazione. Non c’è l’uomo forte, non c’è da anni e si sta sempre più cadendo in un provincialismo societario e di squadra, che non appartiene assolutamente all’Inter ed in cui sta cadendo anche l’allenatore. I Mazzarri, i Gasperini hanno rovinato la mentalità dell’Inter: ritrovarla subito per non rendere ancora più fallimentare la stagione nerazzurra.
Continuare con Mancini? Si perché gli unici due tecnici che potrebbero risollevare le sorti nerazzurre sono inarrivabili: Mourinho e Simeone. Inoltre la colpa di tutto ciò non è solo dell’allenatore, ma soprattutto della società: inconcepibile che la società permetta la continua prostituzione intellettuale dei giornalisti ed ancor più inconcepibile la poca chiarezza e fermezza societaria nel rispondere a chi settimanalmente crea caos nell’ambiente nerazzurro. Mancando la chiarezza e la fermezza, manca la fiducia, e mancando ciò, la squadra ha pressioni che non può sostenere.
Chiarezza, durezza e spirito di sacrificio: ripartire da qua, iniziare da subito e onorare la maglia sin dalla prossima partita, vincendo e reagendo, dimostrando di essere squadra. Ripartiremo? Ai posteri l’ardua sentenza, anche se la sentenza sembra già scritta