GdS – Non solo personalità ed impegno i dati su cui lavorare nei raggi X post Torino

La sfida di Torino ha lasciato il segno in casa Inter. Roberto Mancini non si presenta ai microfoni ufficialmente per mancanza di voce ma ci pensano il vice presidente Javier Zanetti e il ds Piero Ausilio ha dire la loro con parole molto pesanti analizzando la partita e soprattutto lo spirito che la squadra non ha dimostrato per tutto l’arco del match e alimentando seri dubbi sulla rincorsa per un posto nella prossima Champions League dopo un girone di ritorno che fino ad oggi si può tranquillamente definire pessimo.

L’Inter è purtroppo sembrata un insieme di giocatori ai quali vengono date le stesse maglie e gli stessi pantaloncini, ma non vi è traccia di un gruppo, di un collettivo, di un’idea comune che unisca i singoli e li convinca a remare nella medesima direzione. Se l’atteggiamento dei bianconeri non è una sorpresa, a stupire è il modo in cui i nerazzurri affrontano la sfida. Mancini sceglie di giocarsela a specchio, con lo stesso modulo degli avversari: il 3-5-2. Ora, la storia del calcio insegna che, quando due squadre sono schierate con il medesimo schema, vince sempre (o quasi sempre) la migliore. Il motivo è semplice: una simile disposizione porta spesso all’uno-contro-uno e qui i più tecnici sono avvantaggiati.

In mezzo al campo la differenza è stata abissale. Il trio composto da Felipe Melo, Medel e Kondogbia è un terzetto tutto muscolare. Domanda: E il pallone chi lo gioca? Come si fa, con questi uomini, a trasformare un’azione difensiva in una manovra di contrattacco? Praticamente impossibile. Infatti ciò che emerge osservando la partita dello Stadium è un’Inter assolutamente incapace di costruire qualcosa di pericoloso, senza idee e senza illuminazioni. Palacio è l’unico a sbattersi nel tentativo di arrivare vicino all’area di Buffon: 60 tocchi per l’argentino che prova a collegare centrocampo e attacco, 4 falli subiti, 3 falli commessi. A parte Palacio, però, c’è soltanto il buio. Icardi, il centravanti, cioè l’uomo deputato a buttarla dentro come si diceva nel calcio di una volta (e si dovrebbe dire anche oggi), tocca la miseria di 21 palloni: 17 passaggi di cui 7 sbagliati e 8 palloni persi. Numeri inquietanti e che non fanno ben sperare per le ultime 11 gare al termine della stagione.

Zanetti e Ausilio hanno ragione quando parlano di mancanza di personalità e spirito di sacrificio, ma anche la qualità è un fattore affatto da non sottovalutare. E quella non si può creare. O la si ha oppure no. Anche su questo punto la dirigenza dovrà fare un pensiero abbastanza profondo a riguardo.

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