Inter-Udinese di sabato ha fatto notare che in campo non vi era la presenza di nessun italiano, Mario Sconcerti, voce di Sky, spiega al Corriere della Sera il perché si è arrivati a questa evoluzione in Serie A.
Primo punto, l’illusoria vittoria a Germania 2006, illusoria perché il trionfo è arrivato con l’apice di una generazione stellare, Totti, Del Piero, Cannavaro per esempio, ma da quel momento le squadre non hanno più investito sui giovani poiché avere una squadra con una bassa età media è anche un rischio in più per retrocedere, così si preferisce avere gli introiti tv e arrivare alla base di 30 milioni promessa dalle pay tv.
Secondo punto l’elevato costo dei giocatori italiani, si dice pochi ma buoni e a caro prezzo. Mandragora, Grassi, Zaza, Berardi, Romagnoli o Bertolacci hanno un prezzo inaccessibile come base, così spesso i club puntano ad altri giovani che costano meno, come Gerson o Badelj.
Terzo punto la non competitività del campionato Primavera, in cui 42 squadre si mescolano in 3 gironi dove le differenze tra grandi e piccole squadre sono evidenti, risultato poche partite di spessore e calciatori che vanno poi in giro per l’Italia senza essere preparati a dovere, sparendo poi nel giro di pochi anni dopo le buone cose fatte nel campionato dei giovani.
Quarto punto il fatto che i migliori tecnici italiani vanno all’estero, con insegnamenti di chi resta che scombinano le basi del calcio italiano, quello del possesso palla e dell’aggressività, una sorta attuale di gioco è un catenaccio a meta campo dove si vive di rimpalli, senza profondità e velocità, cioè la prima costruzione del calcio italiano e della sua invenzione, è una fase di mezzo che non progredisce ne regredisce, ma i vantaggi all’estero si vedono per esempio con gli insegnamenti di Ranieri, Lippi, Capello, Guidolin e Spalletti.
Quinto punto le scuole calcio, prima si premiava l’individualità di un bambino cresciuto in squadra che sapeva controllare un pallone, ora giocano tutti i bambini purché si paghi un iscrizione, con allenatori che hanno il tesserino in pochi giorni e spesso fungono più da educatori che da allenatori che danno qualità, una via di mezzo che rischia di bruciare i talenti già verso i 14 anni.
This post was last modified on 25 Aprile 2016 - 16:44