“Ciao Massimo,
quello di ieri è stato un giorno molto triste per il romanticismo nerazzurro.
Esiste un giorno in cui i sentimenti hanno la meglio sul portafoglio, un momento in cui sai che un tuo amore avrà un futuro roseo ma è inutile, tu sei legato al passato perché è grazie a quel passato che ami una creatura chiamata Inter.
Non è difficile scrivere, le parole escono da se, tu alla fine sei quel bimbo che nell’album Panini ha avuto un colpo di fulmine per Ruud Gullit e il rossonero perché sembrava fosse un super colore, ma poi hai visto Lothar Matthaus, il nerazzurro, uno scudetto record e la voglia di avere l’Inter come ragione di vita.
Era l’Inter di Pellegrini, brava persona ma zero entusiasmo nell’ambiente, finché il 19 febbraio del 1995 ti presenti a San Siro, non sei il messia, sei meglio del messia, i nerazzurri sono reduci da un campionato chiuso a +1 sulla zona retrocessione, tu non predichi salvezza, tu dici Baggio, Cantona, scudetto, parole dimenticate o sconosciute.
Arriverà il tuo primo anno da presidente, anzi, quasi quasi litigo con l’italiano e ti chiamo Presidente con la maiuscola, arriverà Rambert ma a te che importa, ti sei innamorato di quell’altro argentino che parla come Papa Francesco, si chiama Javier, fidati, farà la storia.
Ode a te Massimo che non ti arrabbi mai, arrivano Djorkaeff, Zamorano e Ince ma tu, tu non sei felice, vuoi il meglio, perché così ti ha insegnato tu padre Angelo, è stato il presidente della Grande Inter e tu sogni di emularlo.
Arriva lui, Luis Nazario Da Lima Ronaldo, si innamora di te in pochi secondi e tanti miliardi, ma l’unico trionfo è una Coppa Uefa con Simoni perché qualcosa dall’alto non vuole i tuoi successi, ma non non parliamo dell’Onnipotente, parliamo di due colori, il bianco e il nero, a cui sei indigesto.
Ci arriviamo vicini, eccome se ci arriviamo, il condottiero è un uomo dallo sguardo triste ma il carattere da gladiatore, si chiama Hector Cuper, altro che Tardelli, anzi, altro che Marcello Lippi, vincitutto ma non con l’Inter quindi nessun capitolo romantico nella storia del Presidente, il trionfo è vicino ma qualcosa va storto, il 5 maggio ti cade il mondo addosso e tu ti dovresti arrabbiare, diventare un animale e spaccare tutto, invece coccoli la squadra, hai parole di elogio, come chi ha fatto una cavolata ma da te riceve un buffetto sulla guancia, ‘Dai, ci riproveremo’ dirai a tutti, col sorriso di chi soffre ma avanza.
Hai avuto una degna spalla caro mio Presidente, Giacinto Facchetti l’ho conosciuto solo attraverso le generazioni che mi hanno preceduto, dicevano fosse un fenomeno, ho ammirato il carisma da presidente quando gli hai lasciato il timone ma in cuor mio, il Presidente eri tu, perché tranquillizzavi un Titanic alla deriva.
Poi di botto cambia tutto, tu da perdente diventi ciò che meriti di essere, arriva Roberto Mancini, arriva qualcosa che spiega cosa sia il calcio italiano, arrivano scudetti, arrivano anche lacrime per l’emozione, ma manca ancora qualcosa, dai, affidiamoci al migliore, affidiamoci due giorni dopo il centenario dove tu canti con Celentano e spieghi a tutti che non hai un sangue di color rosso, è proprio nero blu.
Arriva il Mago da Setubal, tuo padre aveva Herrera, tu hai scelto Mourinho, magari non sei a conoscenza che stai per scrivere la storia ed è giusto così, due scudetti vinti ma quel 22 maggio 2010 tu diventi leggenda, perché si fa presto a dire Milito, Eto’o o chi per esso ma in realtà sei tu il papà di quella creatura che in quel momento sta facendo piangere tutti i tifosi, ma lacrime di gioia, per chi è passato da Ceccarini a Poborsky, sempre con te al vertice.
Il calcio è strano, lo dice sempre Caressa, ieri 6 giugno si è festeggiato l’ingresso di Suning come fosse capodanno, io invece penso a te Massimo Moratti, alla difficoltà che hai a raccontare ai cronisti cosa pensi e cosa oggi è diventata una tua creatura. E mentre in Cina si brinda al colpaccio io sto in silenzio, penso a te da umile tifoso, ricordo le sconfitte perché così apprezzo di più le vittorie, e le uniche parole che ho per te, caro Presidente, sono solo un GRAZIE!“.
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