EDITORIALE – Non toccate Maurito!

Niente allarmismi, il giocatore non è in vendita, non ha litigato con nessuno e non ha espresso malumori. Mauro Icardi è pronto a iniziare la sua quarta stagione nell’Inter, la seconda da capitano, uomo immagine e simbolo di una compagine che ha appena iniziato il proprio percorso di ritorno verso fasti passati e ormai trascorsi da un po’.

In questi ultimi giorni si sono fatte consistenti le voci su offerte recapitate dal Tottenham e interessamenti del solito Atletico Madrid di Simeone, innamorato perso del suo connazionale. Evidentemente, a parte Martino, tecnico della sua Nazionale, gli allenatori argentini hanno una vera e propria passione per Maurito, se si pensa che Pochettino lo vorrebbe volentieri nonostante la presenza di un certo Kane, non l’ultimo degli arrivati o il primo degli sbandati. Mancini non è argentino, ma non ci ha messo molto a individuare Icardi come pietra angolare del suo secondo corso interista, base dalla quale partire per arrivare a raggiungere nuovi traguardi. Un patrimonio tecnico da preservare.

ManciniPerché? Perché una squadra che ha l’ambizione di crescere non può permettersi il lusso di guadagnare, seppur cospicuamente, dal suo miglior giocatore, da quello che fa la differenza con i suoi goal, da un attaccante ancora in grado di crescere e raggiungere livelli esponenziali, da colui che ora rappresenta l’Inter in maniera tangibile, identificandosi in essa e viceversa. Se ora dici Inter, non può non venirti in mente Icardi, così il contrario. In un momento in cui il popolo nerazzurro ha faticato a trovare nuovi punti di riferimento in campo e fuori, sui quali scaricare il suo entusiasmo e la sua passione, Mauro sembra poter assolvere a questo compito, avendo dimostrato anche una certa responsabilità mentale e caratteriale. Non male per uno che, nei primi tempi a Milano, era più chiacchierato per il triangolo amoroso con Maxi Lopez e Wanda Nara.

Oltretutto, con i tempi di sopravvalutazione economica che corrono, qualcuno spera di ottenere qualcosa con appena 45 milioni? Ma seppure fossero 60, ci sarebbe la difficoltà di doverli reinvestire su un altro top player, mai facile da acquistare, o di puntare su una nuova scommessa, un nuovo giovane da far crescere e maturare. Allora si dovrebbe ricominciare tutto daccapo, sia sotto il profilo tecnico, che delle gerarchie nello spogliatoio. Si perderebbe un uomo di spicco in campo e nello spogliatoio. Ne vale la pena?

Per una società che vuole crescere e tornare grande, negare una sua cessione, come si è già fatto, con tutte le proprie forze, rappresenta un piccolo e grande segnale di forza.

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