EDITORIALE – Mancini via? Andiamo via anche noi

E’ più forte di noi, per un malsano rapporto col casino (dis)organizzato, l’Inter dal 2010 non riesce a trovar pace in estate e ora, dopo Suning, Fozza Inda e Plusvalenza Thohir assistiamo inermi alla volontà di Mancini di lasciare la panchina nerazzurra.

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Ha pienamente ragione.

Prendiamo la versione 2.0 del Mancio, arrivato a sostituire un allenatore che rendeva tristi i bambini al circo, sfrontato, coraggioso ma anche lunatico. Devi avere queste caratteristiche per allenare, forse, ma in questo momento Mancini arriva dopo acquisti sbagliati, vedi Poldi Podolski (recentemente campione di bocce in fascia d’età over 85) o mister muscolo Shaqiri, troppo potente per far sul serio in Serie A. Errore? Si Mancini ha sbagliato.

Ma il Mancio aggiusta, subisce le critiche e soprattutto non sa con chi prendersela.

Un tempo nell’Inter esisteva Marco Branca, era il catalizzatore di tutte le colpe nerazzurre e se rispondeva in tono brutale ci si lamentava direttamente con Moratti. Ora invece Ausilio deve rispettare le gerarchie dettate da Jindong, che, in quanto imprenditore straniero, se ne frega di storia e tradizione, vuole i giovani e poco importa se il tecnico suggerisce Yaya Touré o Candreva. Arrabbiato? Sì, Mancini è arrabbiato.

Ah, sia ben chiaro, i giovani finiscono altrove, perché anche Mancini ha perso l’appeal e la grinta per affondare i colpi, quest’estate nessuna telefonata, Gabriel Jesus va verso il City, Berardi sarà il dodicesimo attaccante nella rosa della Juventus e Gabigol è troppo “promessa” per essere avvicinato. Dispiace? Sì, dispiace per Mancini.

Poi ci si mettono altri fattori, nel caldo tropicale dove i calciatori conquistano veline, ne spunta una che si ricorda un passato da attrice, Wanda Nara viene a sapere che De Laurentiis è produttore cinematografico e subito via a offrire Mauro “il Capitano” Icardi, con ridicola offerta di 37 milioni, dopo che a Napoli qualcuno ha tradito ma ha anche fatto incassare 90 milioni. Con nuove lamentele, di chi? Di Mancini. Sì, Mancini si lamenta.

E ora basta, forse dimissioni, forse prima figuraccia targata Suning, perché se prenoti Dzeko per rimpiazzare Icardi è come se, provando una moto, poi scegli un triciclo.

Ma poi, a chi affidi quella creatura impazzita chiamata Inter?

Prandelli?

E il disastro del mondiale non lo ricorda nessuno? Ah no, la proprietà tifava giustamente Cina.

Bielsa?

Ci vuole un pazzo per far saltare in aria un banda di esagitati.

De Boer?

Andatevi a vedere come ha perso l’ultima Eredivisie  poi ne parliamo.

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Leonardo?

No, abbiamo già dato.

Lippi?

Beh in Cina è un mito, facciamoci ancora del male e affidiamo la squadra al suo capello bianconero.

E quindi resta il Mancio, resta in tutti i sensi. Quel tecnico che ha deciso di tornare quando l’Inter era un cimitero di sentimenti, che ci ha messo del suo ma nella prostituzione intellettuale che gravita intorno ai nerazzurri tante cose non vengono dette, ma si ipotizzano, e possono essere anche più gravi del previsto.

Ma tanto chi se ne frega, ci pensa Suning.

Perché essere così masochisti nel non accontentare un tecnico che ha, in ogni caso, una squadra quadrata e seconda solo alla Juve, anche grazie agli scippi bianconeri a Roma e a Napoli?

Perché puntare la Champions e poi vendere Icardi per avere Gabbiadini?

Perché?

E allora siamo tutti un po’ Mancini, lamentiamoci e chiediamo sempre il meglio, in attesa di prendere Messi e Ronaldo. Prima impariamo il cinese e prima potremo insultare, denigrare e abbattere le certezze della dirigenza, un po’ come fa tutto il mondo contro il nostro allenatore, Roberto Mancini.

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