Massimo Moratti, ormai solo un tifosi, forse il numero 1, dei nerazzurri, ha parlato al Corriere dello Sport della nuova Inter targata Suning e Frank de Boer, senza dimenticare Roberto Mancini.
Il Triplete?
“Il momento più bello della mia vita sportiva. La gente piangeva per la gioia, quel successo è qualcosa che rimarrà nella vita di tante persone. Lo so che è un gioco, ma anche quella dimensione occupa un posto nella storia degli uomini. Si gioisce di qualcosa che altri fanno ma che si sente come propria. E, per me, era il risultato di tante sofferenze, di tanti impegni, di tanti sforzi. Era il frutto del lavoro di tanti. Dei giocatori come del magazziniere”.
Il suo giudizio su Mourinho?
“È un grande professionista, serissimo, con un grande senso del dovere. Ha rispetto della società e della proprietà. È un tecnico eccezionale e una persona vera. Non so se questo sia in contrasto con l’immagine che vuole dare di se stesso. Ma questo è il Mourinho con il quale ho lavorato e grazie al quale abbiamo raggiunto quello storico risultato”.
E Mancini?
“Mancini è un campione, non bisogna mai dimenticarlo. Lo è stato da calciatore, lo è stato da allenatore. Con me, nel suo primo ciclo, fu eccezionale. All’inizio di questa nuova esperienza aveva molte attese, molte speranze e rilanciava sempre. Non aveva ottimi rapporti con la società e i risultati di questa fase non hanno aiutato. Era un rapporto destinato a chiudersi. De Boer mi ha fatto un’ottima impressione. È un grande esperto di calcio, attento al dettaglio, capace di capire”.
Mi colpì la sua scelta di Stramaccioni, la trovai coraggiosa più che ardita.
“Gli allenatori rispondono sempre di risultati che non sempre dipendono direttamente dai loro meriti o dai loro demeriti. Ci sono fasi, momenti, fortune che incidono. Scelsi Stramaccioni, che aveva vinto con la primavera la Youth League, al termine del rapporto con Ranieri, grande signore e grande allenatore. Stramaccioni concluse bene la stagione e cominciò meglio quella successiva. Poi ci fu un crollo. E, nel calcio moderno, checché se ne dica, contano i risultati. I “progetti” sono difficili da sostenere se non ci sono le vittorie. Ora allena in Grecia. È intelligente, ha doti”.
Ricorda di aver dovuto sciogliere tensioni tra giocatori e allenatori ?
“Tensioni costanti tra Balotelli e vari allenatori. E poi quelle tra Baggio e Lippi. Tensioni strutturali. Io cercavo di trovare una intesa, ma era difficile…”.
Come vede il campionato che inizia oggi?
“La Juventus ha fatto molto bene sul mercato. Tenere Pogba, di fronte a quella offerta, sarebbe stato un errore gravissimo. Ha preso Pjanic che è un giocatore pratico. L’Inter si è mossa bene ed è più forte. Bisogna che si tolga il complesso degli ultimi anni e torni a considerarsi una squadra vincente. Il Milan non ha potuto muoversi sul mercato. È finita l’era Berlusconi del quale qui voglio dire, da storico avversario, che si è sempre comportato lealmente con me. Il Napoli ha un grande allenatore, come lo è Spalletti. Un campionato aperto, comunque”.
Come definirebbe l’Inter?
“L’ Inter è un fatto artistico, quasi poetico. È capace di provocare immense, inarrivabili, gioie e grandi amarezze. Mai mezze misure. Per me l’Inter è apertura al nuovo e coraggio. È una passione forte, una meravigliosa malattia. Se ne sopportano le debolezze e se ne ammira il coraggio, come si farebbe con un figli”.