Siamo questi. E no, non ci vergogniamo.

L’ottimista più inguaribile del mondo, alla vigilia di questa sfida, non aveva certezze, ma solo speranze basate su banali luoghi comuni quali la palla tonda, la legge dei grandi numeri, il campo rettangolare. Era però obiettivamente difficile trovare un appiglio concreto sul quale si potesse fare affidamento per sperare in un ribaltone clamoroso, ma avvenuto. E per questo del tutto fantastico. 

Sembrava non avessimo gioco, calciatori all’altezza, leader, personalità. Tutto invece è magicamente apparso in un pomeriggio reso già magico da un pubblico folto, rumoroso e caloroso, che ha tralasciato lo scempio recente per abbracciare la strada della fede, dell’amore incondizionato, almeno per 90 minuti. Niente fischi al minimo errore, nessun accenno di contestazione. E ci mancherebbe pure, visto che sarebbe del tutto fuori luogo un atteggiamento suicida o autodistruttivo. Cori, applausi ed entusiasmo sono stati presenti e sono stati ripagati da una prestazione maiuscola, dove si è vista una squadra che ha cercato la vittoria dal primo all’ultimo minuto, decisa a imporre il proprio gioco, senza paure o timore reverenziali, per nulla scossa da un vantaggio immeritato quasi casuale e che ha sfruttato la difficoltà per alzarsi a un livello ancora superiore, utile per raggiungere il proprio obiettivo. La rimonta ha reso infatti ancora più valida questa vittoria, perché ha dato dimostrazione che in questo gruppo sono presenti qualità tecniche di primo piano, ma anche una forza mentale di un certo spessore.gol icardi inter juventus

Soprattutto perché, quando abbiamo visto Lichtsteiner porre il pallone in porta per il vantaggio, abbiamo pensato al solito crudele e beffardo destino. Castigati dal giocatore che poteva essere nostro, già ci eravamo infastiditi nel pensare a quanto il primo tiro in porta di una Juventus brutta, rintanata nella propria metà campo e attendista potesse essere esaltato come l’emblema del cinismo puro, del killer instinct senza pietà della più forte. Invece stavolta non è stato così. Il merito ha prevalso in maniera nitida, con quel pizzico di sofferenza finale ad arricchire il contesto, a rendere più epici i contorni di questa impresa. Il merito di un centrocampo equilibrato, finalmente farcito di tecnica, visione e personalità, dove anche Medel finalmente può risaltare per quello che è, uno straordinario interditore. Il merito di una coppia di difensori attenta e granitica, di un parco offensivo dalle svariate soluzioni, coronato da un centravanti straordinario, da un capitano che parla e legittima la sua fascia con i fatti. Il merito di un allenatore che non è “di burro”, ma de Boer, che in quanto tale deve essere rispettato e supportato da amici e nemici.

Ora sarà la volta di dare continuità, perché ormai abbiamo visto di che pasta è fatta questa strada e per questo sarà difficile accettare altre drastiche cadute. Intanto ci godiamo una serata dolce, dove abbiamo potuto vedere cosa è la nostra squadra. Senza vergogna. 

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