Diego Milito è stato ospite in Argentina di un programma intitolato “Estudio Futbol“, in onda sull’emittente TyC Sports, durante il quale ha parlato molto dei suoi trascorsi all’Inter, rievocando la figura di Jose Mourinho. Ecco le sue parole, logicamente al miele, per il manager portoghese:
“Mourinho è un allenatore bravissimo, parla il suo curriculum: ha vinto tutto il possibile, ovunque sia stato. Ma quello che ha di particolare, è la sua forza nel gestire il gruppo. Mourinho è un gran gestore del gruppo, in questo è speciale. Riesce a spremere da ogni giocatore il 100 %. E credo che questa sia la sua grande virtù. E’ un personaggio aperto, dà un immagine di sé al di fuori che però dentro non ha. E’ tutto il contrario. Con lui puoi parlare, ti puoi confrontare su ogni tipo di cosa. Ad esempio Sneijder, che per noi era un giocatore fondamentale, in un certo momento stava vivendo una situazione familiare difficile, perché aveva il figlio in Olanda ed era separato. Perciò, quando c’era la possibilità di concedergli un giorno libero, lo lasciava libero di andare dal bambino e saltare l’allenamento. Altre volte magari non era possibile e così gli chiedeva di restare a Milano ed allenarsi per tutta la settimana. E’ un allenatore che sa gestire molto bene i momenti, e mantiene sempre felici i suoi giocatori. Tatticamente? Come allenatore non è uno di quelli che ti meravigliano particolarmente per alcune sue idee tattiche, anche se è preparato e ti accompagna alla partita analizzando il minimo dettaglio”.
Di quell’anno si possono raccontare tante cose e miriadi di aneddoti, ma il match rimasto più vivido nell’immaginario collettivo per raffigurare la forza mentale di quella squadra è una sconfitta, quella ininfluente contro il Barcellona nella semifinale di ritorno della Champions:
“In certe partite ti rendi conto di quello che serve alla tua squadra in quel preciso momento. Incide soprattutto la circostanza, tutto quello che ti stai giocando. Fu una partita particolare, speciale per tutto quello che significava, perché noi avevamo un vantaggio da difendere e ci eravamo preparati per farlo in questa maniera. Giocare su quel campo è difficilissimo 11 contro 11, immaginatevi un uomo in meno. Si trattava di una semifinale di ritorno, con due gol di differenza da difendere, contro il miglior Barcellona della storia, ad un passo da una finale dopo 45 anni dall’ultima vittoria dell’Inter. Questi non sono dettagli minori. Oltretutto quella sera non potè giocare Pandev, il mister fu costretto a fare un cambio negli spogliatoi e dopo pochissimi minuti ci ritrovammo a giocare in uno in meno. Questo è tutto quello che ci siamo ritrovati ad affrontare a Barcellona, conoscendo già tutte le difficoltà di quella partita in situazioni normali, pensate con queste difficoltà in più inoltre. Perciò lì capimmo cosa fare, noi giocatori e il tecnico: avremmo dovuto difendere quel risultato alla morte, perché avevamo una finale lì, ad aspettarci. E alla fine siamo riusciti a conquistarla. Se è stata la partita in cui ho più sofferto nella mia vita? Senza dubbi. All’ultimo minuto gli annullarono un gol, per una mano che generò qualche dubbio. Ma si parla molto di questa partita, eppure io dico sempre che noi la qualificazione ce la siamo conquistata a Milano. Un gol mio, uno Maicon e uno Sneijder. Noi lì abbiamo passato il turno, andando pure sotto con il gol di Pedro. Passare in svantaggio contro quel Barcellona sappiamo cosa voglia dire, contro una squadra con quel possesso di palla. Fu una partita fantastica, uno spettacolo assoluto quello che si è visto. Abbiamo rimontato, abbiamo vinto bene e meritatamente. Poi al ritorno, con tutti i fattori condizionanti che sono capitati, dovevamo solo difendere”.
Nonostante pensiero e sguardo siano stati rivolti molto al passato, non manca una battuta sul presente, in particolar modo su Icardi, suo erede in nerazzurro e atteso in Argentina per un eventuale ritorno con la maglia della Seleccion:
“Quello che ha detto non porterà benefici alla sua carriera, per nulla. Mi sembra che tirarsi la gente contro sia proprio inutile, non necessario. Sono gusti e chiaramente ognuno sceglie un suo stile e un suo profilo. Ma dovrebbe dedicarsi a giocare, anche perché lo fa molto bene”.
Parole dirette e non affatto velate. La benedizione di un principe, per quanto dura, deve essere sempre ascoltata e rispettata.