CdS – 5 motivi per non esonerare de Boer

Tra le pagine del Corriere dello Sport troviamo un articolo che spiega i motivi per cui si dovrebbe dare fiducia al tecnico olandese, non prima di aver spiegato la situazione all’interno della società e dello spogliatoio.

De Boer, usando un gioco di parole, sarebbe alla canna del Gasp. Proprio l’ex allenatore del Genoa, che all’Inter durò ancora di meno in termini di giorni e giornate di campionato, potrebbe aver condannato l’ex allenatore dell’Ajax. Le regole spietate del calcio, evidentemente ben spiegate a Coverciano e poco all’estero, vorrebbero per de Boer un destino inevitabile. Complicato, forse impossibile, sostenere la sua difesa, soprattutto quando tra Pinetina, Nanchino e Giacarta si decide il suo futuro. Eppure ne vale la pena: in cinque punti spieghiamo come si è arrivati fino a questo punto e perché sarebbe sbagliato esonerarlo, soprattutto se per un “traghettatore”, delegittimato quindi fin da subito agli occhi del gruppo. L’Inter deve rispondere da squadra, come atteggiamento del gruppo e voglia di metabolizzare il calcio di de Boer, anche a livello individuale: leggerezze, disattenzioni ed errori sono già costati molto caro. Solo così si può ripartire in campionato e salvare l’Europa League. Un cambio in corsa per la società, a prescindere dal sostituto, sarebbe una sconfitta anche a livello economico, visto il triennale dell’olandese. Andare avanti e superare le difficoltà, invece, permetterebbe di arrivare a gennaio e poter pianificare dall’inizio con de Boer.

Di seguito i 5 motivi.

La squadra: Dopo la sconfitta con l’Atalanta, Eder ha detto “Siamo forti ma non siamo un gruppo“. Parole sincere, un’autocritica che in parte scagionerebbe de Boer. L’olandese ha in mente un gioco, i giocatori ne mettono in pratica un altro. Solo colpa di Frank? Stando a ciò che dice Eder, no. Del resto, se il tempo a disposizione del successore di Mancini è stato poco, è anche vero che l’Inter ha avuto tempo sufficiente per adattarsi. Si tratta di una questione di atteggiamento, di mentalità, di personalità. In questo senso, i numeri sono impietosi: 8 volte su 9 in campionato l’Inter ha incassato il primo colpo del match, trovandosi sempre sotto. Ha ribaltato con il Pescara e con la Juventus, la miglior prova della stagione e quello che sembrava il momento della svolta, poi ha sempre pagato la partenza ad handicap.”

I singoli: L’approccio collettivo alla partita, quel ritrovarsi sempre sotto, esponendosi ad altri rischi e perdendo l’equilibrio, è un aspetto da non sottovalutare. Poi ci sono gli errori individuali, pagati a caro prezzo dall’Inter. “Dipendono dalla testa dei giocatori e io questo non posso cambiarlo”, ha detto de Boer dopo l’Atalanta, riferendosi a quell’inutile scivolata di Santon che ha provocato il rigore del 2-1. Tutto questo proprio quando l’Inter aveva avuto l’opportunità di vincere la partita dopo averla riacciuffata nella ripresa. La compagna di Santon, Chloe Sanderson, si è fatta portavoce del terzino, spiegando che si è trattato di un “eccesso di foga”. Difesa ammirevole. Era accaduto già qualcosa del genere anche a Roma: 1-0 di Dzeko, 1-1 di Banega, poi il fallo inutile di Jovetic su Bruno Peres che ha generato la punizione del 2-1 di Manolas. Poi ci sono gli episodi fortuiti: ad esempio, il doppio rimpallo Murillo-Miranda che porta all’1-1 di Melchiorri” de-boer-post

L’Europa League: In un girone così, l’Inter in teoria avrebbe dovuto avere vita facilissima: turnover, un percorso agevole e la qualificazione ai sedicesimi, magari con qualche turno di anticipo. Quella che poteva essere una risorsa si è rivelata una minaccia. Più della Serie A, l’Europa League ha esposto de Boer a figuracce clamorose contro Hapoel Be’er Sheva e Sparta Praga. Le modeste credenziali degli avversari hanno contribuito a far fallire l’approccio alla gara. C’è poi la questione della lista Uefa: per motivi legati al FPF, sono rimasti fuori il miglior centrocampista, Joao Mario, Kondogbia, Jovetic e Gabigol. Le scelte di de Boer sono condizionate da un vincolo in più. In questo modo, l’impegno del giovedì non può nemmeno essere usato come valvola di sfogo per chi gioca meno, come Jovetic, o che deve ambientarsi al nostro calcio, come Gabigol.

La società: “Dopo Mourinho, sulla panchina dell’Inter si sono alternati 8 allenatori in 6 anni: con de Boer si arriverebbe a 9. Ci sono stati due passaggi di proprietà, è vero, ma la scelta di abortire un altro progetto sarebbe un ammissione di fallimento. Il momento di crisi, inoltre, riapre la discussione sulla “distanza” della proprietà cinese. Ci sono riferimenti diversi in Europa: al Psg il presidente è Nasser, uomo forte dello sceicco Al-Thani; al City c’è una struttura simile, con Soriano-Begiristain che hanno poteri operativi. I cinesi si sono ispirati a questo modello, nominando Zanetti vicepresidente, Gardini chief football administrator e Ausilio ds, con Thohir socio minoritario, ma presidente. Ieri a Milano è arrivato Zhang jr, ma non si sa se e quando si stabilità in Italia per conto del padre. Il nodo non è strategico, ma simbolico: questa squadra ha bisogno di sentire costantemente la voce del padrone. Il problema, però, è della squadra, non del management.”

Il mercato: Il mercato dell’Inter è stato molto ricco: oltre 129 milioni di euro in acquisti. Ma le strategie erano state delineate con Mancini allenatore, e questo vale anche per quelle operazioni concluse a fine agosto, quando il cambio era già avvenuto. Tra tutte, quella di Joao Mario, che piaceva all’Inter prima e al tecnico olandese poi. Per disegnare il suo calcio, de Boer ha bisogno di tempo ma anche di ottimizzare la rosa secondo le sue esigenze. Il che vuol dire anche snellire l’organico e liberarsi di giocatori scontenti la cui gestione è un ulteriore peso, da Jovetic (vicino alla Fiorentina in estate) a Brozovic (già punito). Arrivare al 2017 permetterebbe di accontentarlo con alcuni ritocchi, soprattutto se si facesse cassa con una cessione importante come quella del croato.”

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