EDITORIALE – LA SCONFITTA DI TUTTI

Oh, finalmente! Ce l’abbiamo fatta, salutiamo il caro Franco Di Burro, che aveva addirittura pensato di venire in Italia e portare qualcosa di nuovo – nel bene e nel male. Lasciatemi sfogare, perché veramente non se ne poteva più eh. Un allenatore assunto nel post-Mancini che pensa di poter giocare “IL CALCIO TOTALE”. IN ITALIA. ALL’INTER. Sciocco.

Certo è, che quando il Napoli del popolano Sarri, a cui si permette tutto – insultare i colleghi, dire parolacce in diretta televisiva e chi più ne ha più ne metta – gioca un bel calcio non solo catenacciaro, come siamo abituati in Serie A, e che cinicamente è anche il preferito del sottoscritto, allora possiamo dire tranquillamente che è un grande allenatore. Però, se un allenatore straniero, con un’idea di calcio simile, arrivato in Italia da 2 mesi, a cui anche giustamente gli mancano le parole del nostro vocabolario, viene incontro ai giornalisti italici, cercando di parlare la nostra lingua, allora può esser soggetto di derisione totale. (Poi, cari colleghi, quando partiva in inglese scommetto che molti di voi stavano cercando su google translate per stargli dietro…ah beata Italia). Ora basta però, mi annoio parlare della volubilità di alcuni colleghi, che un giorno inneggiano il calcio champagne mostrato dalla Juventus di Allegri e quello dopo si esaltano per il cosiddetto “anti-calcio” di Simeone.

Parliamo invece di quanto champagne abbia già stappato Fabio Caressa, direttore di SkySport a cui sembra Franco Di Burro abbia probabilmente ucciso un gatto, o forse peggio, altrimenti non saprei veramente spiegarmi l’accanimento mediatico, se non vedendoci qualcosa di malizioso, e si sa, che a pensar male spesso ci si becca. Con tutto il rispetto, ovviamente, per Caressa, a cui vorrò sempre un bene platonico per come ha fatto sognare molti di noi durante le sue telecronache del Mondiale 2006. Ma voler bene non significa esser servili, come spesso accade nel mondo.

Caressa

Ricordiamo i nomi caldeggiati da Sky nelle scorse settimane che avrebbero SICURAMENTE fatto meglio del Tulipano: Beppe Bergomi, il quale non ha mai allenato ad alti livelli ma evidentemente possiede la scienza infusa della tattica, tanto che già nel post Lippi 2006 Caressa lo proclamò come il più adatto a prendersi la panchina azzurra;
Leonardo, che non allena da 5 anni e mezzo, che alla carriera da allenatore, proposta dalla stessa Inter, ha preferito quella da dirigente al PSG. Entrambi in orbita gravitazionale del mondo di Sky. Ripetiamo, a pensar male spesso ci si becca.

Ma torniamo a noi. Torniamo al vero punto focale della situazione. Oggi, alle 12.32, abbiamo perso tutti.

Ha perso Frank de Boer, che in 2 mesi di lavoro ha portato a casa più sconfitte che vittorie e ha voluto affidarsi troppe volte a giocatori dalla dubbia abilità sul campo. Hanno perso i calciatori. Hanno perso il rispetto dei propri tifosi, e anche se da domani a 10 anni porteranno l’Inter sul tetto del mondo, rimarranno quelli che da bravi viziati hanno prima remato contro Mancini dopo Inter-Lazio della scorsa stagione, e poi cacciato de Boer in 2 mesi.

Ha perso la società, scusate, solito lapsus per abitudine, LE SOCIETÀ, che prima accontentano sul mercato 281243-800Mancini, poi lo cacciano, prendono de Boer, poi non lo difendono e alla fine si fanno infinocchiare dai propri stipendiati. Una società seria, probabilmente, sarebbe andata sul campo, multato Eder per il gesto al cambio a Marassi, parlato a muso duro nello spogliatoio e dare la propria fiducia, ovunque, al proprio allenatore. Certo è, una società, qui si parla di 2/3 anime differenti. La via più veloce era l’esonero della guida tecnica. Ma non sempre la più semplice è quella migliore, anzi.

Hanno perso i tifosi, o quantomeno quelli che si reputano i veri e unici. Che in uno dei momenti più delicati, per tutta una serie di motivi che è inutile stare a rivangare, hanno fatto scoppiare un putiferio che, se proprio doveva nascere, forse poteva nascere con tempistiche differenti. Ma tant’è, “Noi vogliamo il bene dell’Inter”. Si è visto.

Abbiamo perso noi, organi d’informazione. Abbiamo perso il rispetto per il diverso. Pronti a sfottere con malizia lo straniero che arriva in Italia, solo perché non è Mancini, solo perché, ad occhi di alcuni piuttosto che di altri, non si è adatti a sedersi sulla panchina dell’Inter.

Ma diciamolo chiaramente, e con un filo di amarezza in bocca, non siamo più una società seria. Un ambiente serio. Prendersi addirittura il diniego di Blanc, allenatore modesto a spasso. Il vero problema è saper partire con umiltà dal basso. Cosa che la classifica consiglia di fare da almeno 4 anni ma, oggi più che mai, ci si rende conto della cecità nella disamina dei fatti.

 

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