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Gennaio 2011: l’arrivo di Nagatomo coincide con l’inizio di un’era disastrosa

Vincere è difficile e lo è stato molto per Massimo Moratti in tanti anni di presidenza Inter, alla ricerca del primo scudetto e poi della Champions League, così come fece il padre tanti anni prima. Un desiderio, o meglio un sogno, realizzato dall’ormai ex proprietario della società nerazzurra nel 2010, nel segno di Jose Mourinho e di uomini, prima che calciatori, come Zanetti, Cambiasso, Milito, e non solo. Ma ancora più difficile è riconfermarsi dopo una vittoria, restare al massimo livello del calcio mondiale dopo averlo finalmente raggiunto. In questo caso l’Inter ha toppato clamorosamente, forse soddisfatta della vittoria di Madrid, forse non adatta con quel gruppo a creare un ciclo di vittorie.

In poco tempo si è sgretolato tutto il buono di una squadra in là con gli anni che aveva dato il meglio in quella stagione fantastica e il mercato estivo post triplete vide alcuni colpi di mercato in prospettiva (Coutinho, Biabiany…) anche se il giovane Balotelli partì verso lidi a lui più adatti. La riconoscenza in questi casi fa tutto il resto, con i leader di quella squadra che sono pian piano andati via fino al 2014, anno dell’ultimo saluto a Zanetti, Cambiasso, Milito e Samuel, in un addio tutti insieme che ha chiuso definitivamente una grande parentesi della storia nerazzurra. Intanto, pochi mesi dopo la vittoria del 22 maggio 2010, era cominciata una nuova era, una di quelle che lasciano un segno indelebile, un ricordo incancellabile nella mente dei tifosi, per niente positivo.

Nel gennaio del 2011 Benitez, il post Mourinho, era già stato allontanato dalla panchina nerazzurra dopo il Mondiale per Club, e al suo posto arrivava Leonardo, l’ex rossonero che tradisce i suoi colori. La situazione in campionato non è eccezionale e si corre ai ripari sul mercato: arrivano Kharja, Ranocchia, Pazzini e…Nagatomo. Il curioso giapponese approdato sorprendentemente a Cesena in estate, convince i vertici nerazzurri che può essere un buon rinforzo per la fascia difensiva dell’Inter, anche di quella Inter, che da lì a poche settimane doveva affrontare il Bayern Monaco nel replay della finale di pochi mesi prima. Senza entrare nel dettaglio di quella stagione, ricordiamo solo il miracolo di Pandev in Baviera e la Coppa Italia vinta Roma contro un buon Palermo. Ultimo trofeo targato Inter, poi il declino. 

I motivi per cui oggi l’Inter cade sempre più in basso sono numerosi e le colpe si dividono tra calciatori, allenatori, società. Nessuno escluso nonostante i piani per ripartire sono stati diversi: la filosofia eccentrica di Gasperini, l’aggiustatore Ranieri, il giovane e sfrontato Stramaccioni, le geometrie poco simpatiche di Mazzarri, il ritorno di Mancini e ora il profumo d’Olanda di de Boer. Ma anche in società, si è passati da un ormai soddisfatto Moratti, ad un furbo Thohir, ai promettenti cinesi del Suning. Un mix di idee e origini che non ha portato a nulla di più che un quarto posto. Tutti questi cambi, tutti questi tentativi hanno un minimo (molto minimo se posso permettermi) comun denominatore: Yuto Nagatomo. Il giapponesino arrivato in sordina da campione d’Asia nel 2011 è ancora lì, ogni allenamento alla Pinetina e quasi tutte le partite in campo, con quella brutta numero 55 che non ha niente a che fare con la classe di Jason Williams o la leadership di Dikembe Mutombo, facendo un confronto con i numeri Nba spesso fonte d’ispirazione. Dopo quasi 6 anni è inutile chiedersi perchè il ragazzo sia una presenza tanto “importante” nell’Inter: il mercato asiatico è enorme e va sfruttato per rinfrescare le casse, che prima dell’arrivo dei cinesi (pare) molto ricchi, non erano mai troppo piene.

Le magliette sulle tribune, sempre più a forma di occhi a mandorla, dimostrano quanto il mercato del pesce crudo abbia un senso, ma ai livelli di questa Inter, anche questa che lotta con poca grinta per un misero posto in Europa League, è davvero conveniente scendere in campo con un calciatore totalmente inadatto, per guadagnare qualche euro in più? La società Inter ha toccato tanti fondi in questi sei anni: dalla sconfitta casalinga con il Trabzonspor a quella molto recente con l’Hapoel Beer Sheva, brutti ricordi di un periodo che sembra non finire mai, ma se volessimo trovare un momento davvero umiliante per i tifosi viene in mente un giorno: 2/2/2014. Derby d’Italia, l’Inter di Mazzarri affronta la Juve campione d’Italia. Del Piero si è appena ritirato e Buffon gli ha ereditato la fascia di capitano. Zanetti invece tra i nerazzurri siede in panchina, tornato da poco dal brutto infortunio e prossimo al ritiro. I tempi andati di Del Piero e Zanetti che si scambiano la fascia sono già un ricordo: Gigi Buffon scambia il gagliardetto con Yuto Nagatomo, capitano, ripeto, CAPITANO dell’Inter nella gara più sentita da tutti, tifosi per primi.

Poi ci sono stati acquisti sbagliati, errori grossolani, allenatori senza il giusto cuore, ma quel giorno, collegato da un filo sottile e invisibile con il gennaio 2011, rappresenta la punizione che ancora oggi paghiamo per dover sopportare Yuto Nagatomo, simbolo di questa società. Perchè al momento, è quello che va più vicino a rappresentare l’Inter: piccola, asiatica, con risultati mediamente scadenti.

This post was last modified on 4 Novembre 2016 - 10:45

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redazione