Indimenticato portiere e bandiera nerazzurra, della Fiorentina, prossima avversaria dell’Inter, e della Nazionale, Francesco Toldo è ora al centro del progetto “Inter Forever”. In un’Intervista Toldo, intervenuto a Sprint e Sport, ha parlato a tutto tondo della sua carriera, compresi gli anni in viola. Uno sguardo anche al futuro dei nerazzurri e al progetto che condivide con la società.
In un’intervista a “Nei mesi in cui de Boer è stato all’Inter, ho evitato di ricordargli la semifinale degli Europei del 2000, quando gli ho parato due rigori. Poco prima che se ne andasse l’ho incontrato, e gli ho detto che quella semifinale per me è stata una delle cose più belle della mia carriera.
Il ruolo dei portieri negli ultimi anni è cambiato. La Fifa ha capito che non sempre le uscite del portiere sono da considerare da ultimo uomo. C’è più tolleranza. Gli estremi difensori, inoltre, ora hanno cambiato anche i loro piedi, nel senso che sta a loro iniziare l’azione. ciò gli conferisce un ruolo più importante. Il portiere deve essere il riferimento nello spogliatoio, il giocatore giusto per essere capitano, proprio perché simbolo della squadra.
Alla Fiorentina eravamo tutti giovani provenienti dalla Serie C, era il 1993. Eravamo reduci da una retrocessione, la squadra era stata ricostruita da capo. La società stava crescendo, sono stati anni meravigliosi. Il capitano allora era Batistuta, io sono stato lì fino al 2001. I tifosi erano fantastici: non si parlava di scudetto, ma eravamo difficili da affrontare.”
“Il mio gol in Inter-Juve del 2002 è ancora argomento di dibattito con Vieri. Quel giorno mi sentivo bene e dissi a Cuper che, in caso di necessità, mi sarei spinto in area. Christian, allora, era in corsa per il titolo di capocannoniere e gli ho lasciato il gol. Ma lui l’ha solo sfiorata. I momenti nello spogliatoio sono stati i più belli. Il 5 maggio 2002 mi ha segnato, ma è stato Calciopoli il vero momento no. Ho creduto ancora di più nei miei valori fondamentali: onestà e rispetto, oltre a rivalutare molti dirigenti e conduttori del calcio. Il calciatore deve essere un esempio per i giovani, insegnare loro che dopo una caduta bisogna rialzarsi. Questo vale nello sport come nella vita.
L’anno del Triplete è stato fantastico. Era tutto magico, eravamo tutti uniti: mister, società, giocatori, tifosi, un insieme di intelligenza e, in alcuni casi, fortuna. Ma in queste situazioni non possono mancare. All’Inter e alla Fiorentina mi sono fatto grandi risate. Spero possa succedere ancora perché il segreto delle vittorie è il gruppo. Ma oggi si tende a comunicare poco faccia a faccia, e ci si affida ai social.
La mia migliore parata è stata in Arsenal-Fiorentina in Champions. Kanu ad un metro da me tira a colpo sicuro, io d’istinto ho deviato. Alla fine abbiamo vinto 1-0. La peggiore è stata in un Inter-Juventus: Diego tira e la palla mi passa in mezzo alle gambe. L’ho presa sul ridere dicendo “ok, facciamo che smetto”, avevo 38 anni. Fosse successo ad inizio carriera sarebbe stato un trauma.”
This post was last modified on 28 Novembre 2016 - 15:54