Icardi Inter, un binomio ormai affermato, un amore passionale e scorbutico, ma assolutamente sincero. Il numero 9 nerazzurro si è confessato a ruota libera in una lunga intervista concessa ai microfoni di Mediaset Premium, parlando di tutta la sua esperienza calcistica, dall’infanzia fino ad oggi.
I primi passi in terra natia, poi il grande salto europeo
A “Nove – Storie di Bomber”, Maurito si racconta fin dagli albori, dai primi calci tirati ad un pallone:
“Cominciai a giocare a casa, in una piccola squadra sconosciuta, il Rosario. Era la squadra del mio paese. Pensa, inizialmente nemmeno mi piaceva giocare, non volevo correre, mio padre nella prima partita fu costretto a “comprarmi” con una coca cola ed un panino per farmi muovere. Ma grazie a lui, a quelle prime partite, è nato il mio amore per questo sport.”
Dal Sud America all’Europa il salto fu improvviso e indesiderato: “Nel 2002 ce ne andammo dall’Argentina. Il paese era invischiato in una gravissima crisi economica e mio padre dovette prendere una decisione difficile per il nostro futuro: lasciare casa e cercare fortuna in Europa. Col senno di poi, per quanto sofferta. fu la scelta azzeccata. Continuai a giocare anche in Spagna ed un giorno vennero a vederci gli osservatori del Barca e del Real. Mai avrei pensato fossero lì principalmente per me; in quella partita fui decisivo e ciò decretò il mio passaggio in blaugrana”.
L’esperienza al Barcellona e l’arrivo in Italia
Quando a Mauro viene chiesto se sia vero che Leo Messi si espose in prima persona per portarlo alle giovanili del Barcellona, risponde così: “Gli agenti del Barcellona contattarono i miei genitori per cercare di battere sul tempo i rivali. Non erano i soli interessati a me: Siviglia, Atletico Madrid e Real Madrid erano sulle mie tracce. Così in Catalogna giocarono di anticipo e di astuzia. Vennero da me con pallone, gagliardetto e foto del Barca con annessa dedica di Leo. Non potei che accettare. Tempo dopo, quando ero blaugrana e ne ebbi l’occasione, gli bussai al vetro della macchina e gli ricordai quell’episodio. Ci avvicinammo un poco, mi invitò a colazione e a pranzo con la prima squadra: fu come un sogno per me.”
Tuttavia il futuro capitano nerazzurro era già conscio del proprio stile di gioco: “Ero lì quando Ibra non riuscì ad integrarsi con la macchina da possesso palla che è il Barcellona. Ho pensato che avrei fatto le stesse fine, abbiamo dei tratti in comune quanto a stile di gioco, e sicuramente non sarei riuscito ad integrarmi facilmente al loro modo di vedere il pallone. Perciò di comune accordo col mio procuratore, decisi di intraprendere una nuova avventura, accettando l’offerta della Sampdoria ed approdando quindi in Italia.
Un esordio da favola e poi l’approdo in nerazzurro
Icardi rievoca con piacere le sue partite clou in maglia blucerchiata: “L’esordio fu qualcosa di magico. Partita decisiva per i playoff e per il ritorno in Serie A. Stavamo pareggiando contro la Juve Stabia ed eravamo in inferiorità numerica, quando il mister mi fece entrare per l’ultimo quarto d’ora. Alla prima palla buona, l’unica, infilai il 2 a 1 regalandoci la vittoria. Furono probabilmente i 15 minuti più importanti di tutta la mia carriera.”
Fondamentale fu anche il derby contro il Genoa che lo portò alla ribalta: “Io non
giocavo quasi mai, ero ai margini. Tuttavia eravamo in emergenza per infortuni ed in attacco c’ero solo io. Credo che fu la mia partita migliore in assoluto fino ad ora. Corsi per tutto il campo, per tutta la partita, senza sosta. Creai i primi due goal e feci il terzo. Fu una svolta importantissima per il mio futuro in Italia, perché mi diede molta visibilità quella gara”.
Negli anni è ormai diventato “L’AmmazzaJuve” per eccellenza: “Si, in effetti contro i bianconeri ho il goal facile. Il nostro primo incrocio fu quel magico Juventus – Sampdoria 1 a 2. Eravamo sotto di un goal e con un uomo in meno e nel secondo tempo segnai la doppietta che ci valse quella vittoria storica. Fu li che diventai veramente famoso.”
Con dei lampi del genere il passaggio in un grande club era inevitabile, ed ecco infatti il trasferimento da Genova a Milano, sponda Inter: “Segnare alla Juve quando sei all’Inter vale sempre qual
cosa in più. La prima volta che l’ho incrociata in nerazzurro è stato magico. Ottantamila persone, tutto esaurito, ero senza fiato. Entrai dalla panchina e segnai dopo due minuti, fu semplicemente pazzesco. Mentre esultavo sentivo lo stadio tremare, sentivo la gioia dei tifosi insieme alla mia.”
La consacrazione definitiva e la designazione ad erede di Zanetti
“L’anno successivo iniziai ad ingranare e ad essere titolare fisso. Non fu una grande stagione, ci qualificammo solo per l’Europa League quando invece avevamo ben altre ambizioni. Tuttavia riuscii a segnare 27 goal, ero molto soddisfatto di me.”
Essere un bomber può essere complicato, ma al peso della maglia numero 9 Maurito ha aggiunto la fascia di capitano: “Essere capitano di una squadra come l’Inter, raccogliere l’eredità di una leggenda come Javier Zanetti, per me è un onore immenso. Si, è sia un onere che un onore, ma sono orgoglioso di questa mia responsabilità. Essere capitano non significa solo indossare una fascia simbolica. Significa essere la testa, il faro e la guida di un gruppo di 20 e più giocatori. Ci vuole maturità e professionismo. Fortunatamente reputo di essere una persona molto seria e mi impegno al massimo per migliorare e fare bene.”
In chiusura, il capitano lancia un messaggio a tutti i bimbi che si avvicinano al calcio: “L’importante è divertirsi, senza troppe pressioni o attese addosso. Quelle arriveranno col tempo. Da bambini bisogna giocare spensierati, divertirsi. Se poi ci sono qualità importanti e col passare degli anni queste emergono, allora si può pensare a far del calcio il proprio lavoro. Ma da piccoli, conta solo giocare per divertirsi e per migliorarsi.”
Una intervista che ci spiega un po’ meglio chi è Mauro Icardi. Un leader, una stella, un capitano carico di responsabilità, ma soprattutto un uomo, un ragazzo d’oro che, non dimentichiamolo, ha solo 23 anni.
Tieniti stretto il tuo paladino, Inter, che il futuro, con un cuore del genere, non può che essere roseo, o meglio, nerazzurro.