La partita pareggiata contro il Torino non ha restituito ai tifosi un’Inter pronta al riscatto, ma preda delle sue genetiche oscillazioni: performante e convincente nei primi 45 minuti, impaurita e sfaldata nella delittuosa ripresa. Oltre alle motivazioni psicologiche e caratteriali evidenziate nel post partita, ci sono delle valutazioni tattiche ben precise da fare. La difesa a 3 subito provata da Spalletti ha portato benefici? La situazione a centrocampo può essere migliorata senza attendere il rientro a pieno regime di Nainggolan? Proviamo a dare una risposta a questi e ad altri quesiti.
INTER-TORINO: LA DIFESA A 3 SACRIFICA TROPPO SKRINIAR?
Spalletti ha ripetuto sin dall’estate che quest’anno si sarebbe vista più spesso la difesa a 3 e già alla seconda giornata ha mantenuto la parola: niente soluzioni ibride contro il Toro, ma una linea composta da De Vrij, Skriniar e D’Ambrosio, preferito a Miranda per una maggiore predisposizione ad accompagnare l’azione in avanti (per ammissione dello stesso tecnico nella conferenza stampa post match). Nei primi 45 minuti l’idea è sembrata funzionare, con l’ex granata attento in copertura e bravo ad aiutare Vrsaljko sulla destra a sviluppare gioco. L’olandese ha invece assunto le sembianze del leader ammirato a tutto tondo nella Lazio: senza paura di giocare palla al piede e bravissimo a concedere poca profondità agli attaccanti avversari.
C’è stato però un piccolo inceppo in questo primo tentativo di proporre un simile schieramento. Skriniar è parso poco a suo agio sul centro-sinistra, soprattutto palla al piede. La sua poca naturalezza nel giocare col mancino ha reso più macchinosa e meno fluida la manovra dell’Inter in quella parte di campo. La necessità di avere il pallone sul suo piede preferito lo ha spesso indotto a ingolfare le zone centrali del campo, sia nella conduzione che nei passaggi, tentando meno di allargare il campo a beneficio di Asamoah. In quei paraggi inoltre, gravitava spesso Iago Falque, che con la sua velocità da brevilineo è riuscito a metterlo in difficoltà nell’uno contro uno. Sicuramente lo slovacco può lavorare sotto questo aspetto, ma difficilmente potrà mai avere la certezza e la spavalderia, qualità che normalmente non gli mancano, nel comportarsi come un vero mancino.
INTER-TORINO: GAGLIARDINI SAREBBE POTUTO TORNARE UTILE
I veri problemi nerazzurri sembrano però risiedere nella zona mediana del campo. Brozovic e Vecino si sono liquefatti alla distanza, lasciando alla fisicità avversaria l’iniziativa nel prendere campo e non riuscendo più a gestire il pallone e a far ripartire l’azione con raziocinio. Le responsabilità creative gravitano sul solo croato, spesso seguito a uomo da uno degli avversari e sottoposto a un continuo lavoro di raddoppi costanti. Accanto a lui, Vecino sembra ancora un giocatore senza nessuna qualità specifica in grado di farlo spiccare. I suoi inserimenti verticali sono sempre molto rari, in fase di costruzione è molto scolastico nelle scelte e con poca propensione al gioco lungo. Ieri, oltretutto, giocatori come Meitè e Soriano lo hanno messo in crisi anche in fase di non possesso. Che la condizione non sia ottimale dopo il Mondiale è comprensibile, ma perché al suo posto non tentare la carta Gagliardini? Il giovane bergamasco in fase di contenimento e recupero palla ha mostrato tutta la sua efficacia nel periodo dello scorso anno in cui era stato scelto da Spalletti per affiancare Brozovic nella sua nuova dimensione. Dal momento che il mercato nulla ha portato di nuovo in quella zona di campo, il Gagliardini che ha fatto tutta la preparazione agli ordini del mister potrebbe meglio completarsi con il regista, soprattutto contro avversari che impostano la partita su basi di forte intensità fisica. Da non dimenticare, inoltre, la propensione alla verticalità di Gagliardini, abituato sin da Gasperini ad attaccare lo spazio senza palla dinanzi a sé in tutte le fasi del gioco, qualità necessaria per chi aspira a pressare gli avversari all’origine della loro manovra.
INTER-TORINO, LE MOSSE TARDIVE: LAUTARO TROPPO TARDI?
Che Spalletti nei 90 minuti non riesca a sfruttare a dovere il materiale presente in panchina è un’impressione già destata in qualche occasione lo scorso anno. L’alibi della poco profondità della rosa, così come nelle sue avventure romane, lo ha sempre accompagnato, a ragione. Quest’anno però, per sua stessa ammissione, dispone di
“due formazioni ottime, non solo una più qualche altro giocatore”.
Ebbene, se esiste questa fiducia estesa in tutti i componenti della rosa, perché non tentare di sparigliare le carte sul tavolo prima che il dado sia tratto? Infortunio di Asamoah a parte, alcuni giocatori sembravano sulle ginocchia già nei primi minuti della ripresa, Vecino e Vrsaljko su tutti. Oltretutto, stupisce come Lautaro Martinez sia stato fatto entrare solo nel recupero. Politano e Perisic sono stati tra i migliori, verissimo, ma qualcuno con più energia e più abituato ad attaccare l’area di rigore avrebbe giovato contro un Toro che, dopo l’uscita di Iago Falque, si era accontentato dell’idea di potersene andare via da San Siro col primo punto della stagione.
Spalletti deve ancora comprendere a fondo tutte le nuove potenzialità che i nuovi acquisti gli possono concedere, singolarmente e collettivamente. La consapevolezza però di potersi fidare di 20 giocatori deve essere ostentata anche con i fatti, non soltanto a parole.