“Il derby sarà una partita molto equilibrata. Sono sempre stati così, i derby. Sono partite uniche, particolari. Si vince con la concentrazione, con la grinta, più che con la classe sopraffina. Sono partite sempre molto chiuse e i particolari fanno la differenza, nel risultato”. Parola di Diego Milito, intervistato in vista di Inter-Milan dal Corriere dello Sport.
INTERVISTA MILITO, TRA RICORDI E PRONOSTICI
Quale è il derby più bello che lei ricorda di aver giocato?
“Il primo che ho fatto a San Siro. Il 4-0 è stato sicuramente uno dei più belli. Giocammo una grandissima gara”.
Chi può essere l’uomo decisivo di questa partita da una parte e dall’altra?
“Uno mi auguro possa essere Lautaro Martinez. Lo conosco, è un ragazzo fantastico. Anche dall’altra parte ci sono grandi giocatori. Personalmente spero non sia nessuno del Milan, spero che vinca l’Inter. Ma il Milan è in grado di fermare i nerazzurri se non saranno concentrati. Tra i milanisti, se devo dire quelli che fanno più paura, citerei Higuain e Suso”.
Lei ha avuto Maradona come allenatore. Com’era?
“In primo luogo era tutto emozionante. Lei pensi cosa può significare essere allenato dal mito con il quale si è cresciuti. Per noi Maradona era Maradona e averlo davanti, non una immagine sul teleschermo, era choccante. Poi sono passati i mesi e tutto è diventato più naturale. Lui è molto bravo, anche come tecnico. D’altra parte stiamo parlando di uno dei migliori giocatori della storia. Capisce molto di calcio. Con lui, in Nazionale, è stata un’esperienza felice”.
Perché lei non ha avuto la carriera che meritava in Nazionale?
“E’ una bella domanda. Me lo sono sempre chiesto. Cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno per non deprimermi. Nella Nazionale argentina abbiamo avuto sempre dei grandi attaccanti. Sono fortunato ad aver giocato un Mondiale, due Coppe America. Lei pensi che nel mio mondiale, quello del 2010, avevamo, davanti Messi, Tevez, Agüero, Higuain, Palermo. Sicuramente mi sarebbe piaciuto giocare molto di più, però capisco che a volte c’è tanta concorrenza, abbiamo tanti attaccanti bravi e per gli allenatori è difficile scegliere. Mi rimane un solo rimpianto: non aver disputato il Mondiale in Germania, nel 2006”.
INTERVISTA MILITO, IL TRIPLETE E MOURINHO
L’allenatore più importante della sua carriera?
“Una domanda difficile. Io ho sempre detto che da tutti ho imparato qualcosa. Quelli in Argentina, nel settore giovanile. E poi in Italia ho avuto dei grandi allenatori: Mourinho è stato sicuramente uno dei migliori. Ma se devo sceglierne uno indico Bielsa, che mi ha dato molto. E’ stato l’allenatore che mi ha dato la possibilità di giocare in Nazionale e mi ha fatto imparare tanto, tecnicamente e tatticamente”.
Cosa aveva di particolare l’Inter del Triplete?
“Eravamo veramente un grandissimo gruppo. Non solo campioni, belle persone. Come giocatori eravamo un gruppo straordinario, avevamo un sogno: vincere la Champions. Io sono arrivato all’Inter e mi hanno fatto subito capire che l’obiettivo era vincere la coppa e questo abbiamo fatto. Mi sono sempre detto di essere stato fortunato a far parte di un gruppo straordinario. Ragazzi con un grande cuore, grinta e con grande talento. E insieme abbiamo fatto una cosa molto bella. Che resterà nella storia del calcio. Non solo in quella dell’Inter”.
Mourinho era un allenatore con che caratteristiche rispetto agli altri?
“E’ l’allenatore che dice la parola giusta nel momento giusto, che capisce i momenti, un allenatore che riesce a tirare fuori il cento per cento da ogni calciatore. Questo non è da tutti. Mourinho è uno dei migliori del mondo, poche storie”.
Chi è il difensore più duro che lei ha incontrato nella sua carriera?
“Ho avuto tanti difensori bravi contro i quali ho dovuto giocare. Walter Samuel per me è stato uno dei più forti, senza dubbio. E poi Alessandro Nesta e Paolo Maldini, ovviamente”.
INTERVISTA MILITO, LE COSE PIÙ BELLE
Il gol più bello della sua carriera quale è stato?
“Per bellezza, per importanza, quello della finale di Champions, il secondo gol al Bernabeu. Anche quello della finale di Coppa Italia con la Roma è stato molto bello”.
Chi è il giocatore più intelligente in campo e anche fuori dal campo con il quale lei ha giocato?
“Cambiasso, non ho dubbi”.
E il lancio più bello che lei abbia avuto?
“Uno che mi dava dei palloni magnifici era Wesley Sneijder. Ma anche Stankovic era molto bravo a mettere la palla in profondità. Ci guardavamo e bastava”.
Lei ha avuto un infortunio molto serio. Come ricorda quel momento?
“E’ stato sicuramente il momento più brutto della mia carriera. Per fortuna prima non avevo mai avuto niente di importante e in quel momento mi è caduto il mondo addosso. E’ stato un infortunio molto grave, ho sentito subito un dolore incredibile. Sapevo già che era un infortunio che mi avrebbe bloccato a lungo. Ma né il dolore né la rabbia hanno fatto venir meno in me la voglia di tornare, di giocare al calcio, di proseguire il mio sogno di bambino”.
Le chiedo una risposta sincera: si ricorda un litigio nello spogliatoio in qualcuna delle partite che lei ha giocato?
“Il primo anno che ero all’Inter siamo andati a Marassi per affrontare il Genoa. Era la prima volta, per me. Io venivo da tanti anni lì e avevo tanti amici, compreso l’allenatore. Tutti mi volevano bene e anche io volevo bene a loro. Venivamo da una grande annata a Genova e quindi per me era una partita speciale. Il primo tempo ho giocato malissimo. Mi sentivo spaesato, ero emozionato, confuso. Nello spogliatoio Mourinho mi dice “Ma te la senti di giocare contro i tuoi amici? Vai fuori, ti tolgo perché oggi non sei lo stesso”. Io ho detto, spavaldo: “Mister, tranquillo, gioco”. Abbiamo pareggiato 0 a 0, non abbiamo giocato bene quella partita. Io ho vissuto malissimo quei novanta minuti. Ripensandoci, Mou aveva ragione. Non ero io, in campo, contro i mIei amici del Genoa”.