24 Ottobre 1918. La svolta di Vittorio Veneto: il vigoroso attacco italiano, supportato dalle privazioni fisiche e mentali e dal disfacimento politico del nemico, ruppe le strenue difese dei soldati dell’Impero Austro-Ungarico presso Vittorio Veneto. Due eserciti contrapposti da più di tre anni lungo un fronte che si estendeva dalla Marmolada alle alture del Carso e lungo il fiume Piave. Il 3 novembre del 1918, presso Villa Giusti a Padova, la delegazione imperiale firmò l’armistizio con l’Italia: fu il riconoscimento della vittoria italiana nella Grande Guerra.
Una guerra che vide cadere molti giovani, che, di fatto, eliminò una generazione intera, troppo spensierata per capire e troppo giovane per morire. Tra i caduti ci fu anche il protagonista di questa storia: non era un ragazzo qualsiasi, era il Capitano. Virgilio Fossati, anima meneghina e cuore nerazzurro. Capitano-allenatore in campo e sul fronte, dove perì, il 29 giugno 1916, presso Monfalcone.
IDOLO INTERISTA, NATO DALLO SCISMA ROSSONERO
Il football iniziava a farsi largo anche in Italia. Non esisteva ancora un campionato e non c’era ancora una rappresentativa nazionale. A Milano però, città sempre avanti rispetto alle altre, già si giocava e già si respirava aria di derby. L’8 marzo 1908 al ristorante ‘Orologio’ nasce il ‘Foot-Ball Club Internazionale Milano‘: lo stemma nero ed azzurro rappresentava quella splendida notte di fine inverno, mentre lo sfondo dorato ne ricreava il cielo stellato. ‘Si chiamerà Internazionale, perchè saremo i fratelli del mondo‘. I dissidenti, infatti, erano in parte Svizzeri: l’unica società di Milano allora era il Milan. I litigi legati a movimenti nazionalisti all’interno del club, convinsero i ‘ribelli’, capitanati dal pittore futurista Giorgio Muggiani e dal talentuoso luganese Ermanno Aebi a sciogliersi, creando di fatto uno dei derby più sentiti del mondo.
Tra Porta Ticinese e le Colonne di San Lorenzo, quartiere operaio milanese, si aggira assieme al fratello un giovanotto mingherlino, con un paio di baffi scurissimi che fanno da contrasto ad una carnagione chiara. Virgilio Fossati, una figura diversa: mistica e mitica allo stesso tempo, all’apparente fragilità fisica, sopperiva con l’astuzia e la polivalenza. Il primo Capitano-Allenatore nerazzurro.
Emilio Colombo, una delle primissime penne de ‘Lo sport Illustrato‘ lo descriveva così: “Nato per giocare al football, con un’ottima visione di gioco e senso della posizione, intuiva il gioco, capendo in anticipo le dinamiche e dove sarebbe andato il pallone“. Divenne subito colonna e idolo dei tanti operai che assiepavano le tribune dello stadio: un capitano sia dentro che fuori dal campo. Nonostante la giovane età s’impose subito nel ruolo di difensore, salvo poi spostarsi in avanti per sfruttare le sue qualità in costruzione e d’interdizione. Indimenticabile fu la stagione 1910: stagione che consegnò ai nerazzurri il loro primo titolo nazionale in un’incredibile spareggio giocato contro la Pro Vercelli.
LA CHIAMATA IN NAZIONALE E SUL FRONTE
L’aria che si respira in Europa non è propriamente pacifica: vecchi conflitti stavano per destabilizzare il precario assetto politico continentale, i nuovi partiti di massa e i primi scioperi causarono tante sommosse popolari. Le nazioni europee sono sul punto di entrare in guerra. In Italia la situazione è leggermente più tranquilla: vige infatti il principio di neutralità.
Virgilio Fossati non pensa a tutto questo: le sue uniche occupazioni sono il lavoro ed il calcio. Disciplina e tattica con cui ottiene stima e considerazione da parte di tanti uomini. Considerazione che gli valse anche la prima convocazione in Nazionale: non era un partita qualunque. Fu la prima partita della rappresentativa nazionale, il 15 maggio 1910, all’Arena di Milano, Italia contro Francia.
Il capitano interista mise a segno la prima rete della Nazionale azzurra: “al 20′ Fossati, arrivò alla soglia dell’area di rigore e lì lasciò partire un diabolico tiro a parabola che sorprese il portiere Tessier, lasciandolo letteralmente di stucco“. Giocò altri 13 incontri per l’Italia, ma nella primavera del 1915 arrivò un’altra chiamata. Una chiamata che arrivò a molti giovani della sua età: quella alle armi. Il mediano più completo del primo periodo di calcio italiano, si trovava improvvisamente in trincea, sotto i colpi dei mortai nemici. Divenne Capitano della Brigata Cuneo, si rese popolare tra i commilitoni grazie alla sua indole valorosa. A sorprenderlo, mentre stava disperatamente tentando di salvare i suoi compagni, fu una raffica di mitragliatrice nemica. Se ne andava a 25, il primo storico capitano Campione d’Italia della Beneamata. Era il 1916, presso Monfalcone e come lui, tanti altri perirono in nome della Patria.
La Medaglia d’argento al valore lo ricorderà così: “Dopo aver svolto in tutte le fasi del combattimento attiva e audace opera si offriva spontaneamente per rintracciare possibili varchi nel reticolato nemico ed in tale ricerca cadeva colpito a morte incitando i soldati ad avere fiducia nell’esito vittorioso dell’azione“