Ci siamo. Il momento che in così tanti aspettavano è finalmente (purtroppo) arrivato. L’Inter, che si era costruita un castello di autostima e sicurezze piuttosto fragile oggi è crollata malamente in quel di Bergamo. Gasperini, comandante in capo dei gongolanti, ha surclassato su tutta la linea Spalletti, riportando con i piedi per terra l’ambiente nerazzurro. Ora però bisogna capire che se una rondine non fa primavera, nemmeno una sconfitta in una battaglia fa la disfatta totale nella guerra. Niente drammi, ora serve solo tanto lavoro e umiltà.
UNA SQUADRA MOSCIA COME NON SI VEDEVA DA TEMPO
L’Inter è una squadra pazza che ha ritrovato,purtroppo, la parte lunatica che pareva aver perduto. Era naturale succedesse prima o poi, in molti ci attendevano al varco, pronti a sparare a zero col petto in fuori. Anche il tecnico toscano aveva intuito all’orizzonte il trappolone cosmico, era spaventato dalla piega che avrebbe potuto prendere la partita con l’Atalanta. Conoscendo la natura scostante della propria creatura ancora in fase di costruzione, Spalletti temeva la trasferta odierna. E a ragione.
La sua banda è parsa fin dall’inizio spaesata, moscia, senza anima e carattere. Senza la sua caratteristica più importante degli ultimi due mesi: gli attributi. Vuoi per la scorpacciata di goal e risultati delle ultime settimane, vuoi per la fierezza di aver tenuto testa, seppur a stento, al grande Barcellona, vuoi per i tanti impegni ravvicinati. Quale che sia la ragione, oggi l’Inter è stata irriconoscibile, regalando non solo la peggiore prestazione della stagione, ma la più negativa dell’era Spallettiana.
LA RIPROVA DI QUANTO LAVORO RESTI DA FARE
Non bisogna giustificare un capitombolo del genere, specie quando sconfina in una figuraccia, un’umiliazione. Tuttavia bisogna tenere conto delle varie attenuanti e di un semplice dato di fatto, triste forse, ma inoppugnabile: non siamo una grande squadra, non ancora. I passi falsi, le incertezze, i ribaltoni, succedono anche alle corazzate più inaffondabili, figuriamoci a noi, poveri mortali che si affannano nella scalata all’Olimpo perduto. Siamo buoni, siamo bravi, a tratti addirittura ottimi. Ma non siamo grandi, questo no. La strada è ancora lunga e irta di insidie come questa. Noi, al netto dei facili entusiasmi e delle altrettanto facili depressioni, non siamo l’AntiJuve. Siamo l’antinessuno. Serve tanta costanza, tanto impegno, una mole di lavoro immensa per proseguire quanto di buono accennato fino ad ora. Siamo questi, non si scappa.
NIENTE DRAMMI, CAPITA A TUTTI DI CADERE
Per questo non è necessario strapparsi i capelli e dannarsi l’anima per questa sconfitta. Certo, brucia e irrita parecchio, specie perché maturata contro qualcuno che ci camperà sopra almeno per un altro lustro, il buon Gian Piero, ma si deve guardare avanti. Abbiamo fatto molto di buono fino a qui? Si. Possiamo migliorarci e imparare da questa disfatta? Si. A fine giornata manterremo la retta via verso il realistico obiettivo di fine stagione, il terzo posto? Si. Calma e sangue freddo, quindi. Abbiamo benedetto troppo in anticipo le vittorie riportate, non malediciamoci eccessivamente per un inciampo che può capitare. Succede a tutti di cadere, l’importante è rialzarsi subito e non permettere ai nemici di banchettare con le tue carni. Aumentiamo la consapevolezza di noi stessi, usiamo la sosta per meditare e capire. Capire chi siamo davvero.
Perché guardandoci allo specchio dobbiamo essere sinceri, obiettivi e realistici. Non ci dobbiamo montare la testa, pregustare stagioni di trionfi utopistici o di duelli all’ultimo sorpasso con le migliori del mondo. Siamo ancora delle api operaie che devono lavorare alacremente per mettere basi concrete per il futuro. Siamo migliori di molti, ma peggiori di tanti altri.
SPALLETTI DEVE TENERE TUTTI SULL’ATTENTI, CON UNA CERTEZZA: NOI SIAMO L’ANTI – NESSUNO
Paradossalmente le recenti vittorie metteranno ancora più in difficoltà Spalletti, che dovrà essere sorprendentemente bravo a non perdere le redini di una squadra stressata e ora, inevitabilmente, giù di morale. Dovrà ergersi sempre più a comandante carismatico su una nave che ha dimostrato di avere ancora falle importanti, tenendo tutti sulla corda nonostante la diaspora creata dalle nazionali.
Ora più che mai serviranno umiltà e consapevolezza. L’arroganza, l’orgoglio, lasciamoli a chi se li può permettere, a chi, a torto o ha ragione, si reputa superiore. Restiamo semplici, restiamo l’Inter. O da Anti -chicchessia a Anti – Noistessi, il passo sarà veramente breve.
Fonte immagine in evidenza: Screen Intervista