Un muro di granito scalfito da un solo ariete, l’unico andato a segno in una serata di respinte e speranze. Il cronometro che scorre ed il pensiero rivolto al passaggio del turno: bastava un pari, ma non la convinzione di poterlo ottenere senza lottare. L’Inter concede campo al Tottenham, si sveglia tardi e si arrende al colpo di Eriksen.
Non ci sono sorrisi sui volti dei nerazzurri in questo giovedì europeo. Con la sconfitta di Wembley, il Tottenham raggiunge l’Inter in classifica e la scavalca in virtù di scontri diretti e soprattutto del gol segnato a Milano da parte degli inglesi che li pone in vantaggio in classifica. Sbocciano brividi ed incubi per l’ultimo turno di Champions dell’undici interista: se gli Spurs dovessero vincere al Camp Nou conto il Barcellona già qualificato come primo, il successo contro il PSV potrebbe non bastare.
La dimensione maggiormente intaccata della banda Spalletti resta senza dubbio quella emotiva e caratteriale: un pareggio avrebbe spianato la strada dell’Inter verso i prossimi impegni delicati di campionato, da affrontare con maggiore serenità. Il ko di Wembley rovina la testa e complica i piani dei nerazzurri che arrivano nella fase più calda della stagione con la pressione a mille.
Ma contro i lati negativi di una serata storta sono due le luci che indirizzano il cammino dell’undici interista. La prima, quella più incandescente, rappresenta una difesa d’acciaio costretta ad arrendersi all’unico controtempo degli Spurs dopo aver limitato Kane ed annullato i pericoli d’area. De Vrij meglio di Skriniar ma entrambi protagonisti di una gara di spessore. Con loro, la marcia in più dettata dall’uomo che non ti aspetti: Borja Valero. Lo spagnolo dimostra di avere tanto da insegnare ancora in mezzo al campo, dettando i tempi e sporcandosi le mani in prima persona nel pulire il pallone dal gioco avversario e nel lottare su ogni contrasto per ristabilire le gerarchie. Una prova di grande carattere da parte dell’ex viola ed un posto tra i migliori della sfida in terra inglese.
Ripartiamo da lui, dalla sua voglia di mettersi in gioco a testa alta senza paura di subire accelerate. Borja è il simbolo di come la mente possa arrivare dove non può il fisico: in sintesi, tutto ciò che è mancato all’Inter e ciò che servirà ai nerazzurri per tornare a vivere serate di gloria.