L’Inter, contro una Roma rimaneggiata e tutt’altro che irresistibile, non è riuscita ad andare oltre il pareggio, pur dando l’impressione di poter fare di più in svariati momenti della partita. L’occasione di andare al momentaneo secondo posto solitario era ghiotta, così come quella di mantenere il vantaggio sui cugini ed incrementarlo sulla Lazio. Ma, vuoi per l’aria natalizia, vuoi per svogliatezza, stanchezza o altro, l’occasione è stata buttata.
ENNESIMA OCCASIONE SPRECATA PER ERRORACCI…
L’intensità non è certo mancata, le compagini non si sono risparmiate, ma questa gara ha evidenziato una volta di più l’attuale pochezza tecnica della nostra Serie A. Lo spettacolo ha fatto da padrone, ma non per talento o bel gioco. Tanta confusione, innumerevoli errori e disattenzioni da ambo le parti: la pochezza ha esaltato la spettacolarità. L’Inter però ha pagato soprattutto, due pecche evidenti: la propria ingenuità mista a indolenza e soprattutto l’ostinazione del proprio tecnico.
La solita “citofonata” presa da Handanovic da lontano, decisivo in positivo solo a giornate alterne, e la stupidaggine di Brozovic, sequel di quella contro il Genoa di un paio di stagioni fa, non sono delle scusanti, anzi. Siamo solo al 2 dicembre, è troppo presto per fare i regali di Natale agli avversari. Ed è anche troppo presto per pensare alle vacanze. Bisogna scendere in campo con il coltello tra i denti, sempre. Altrimenti questo mese finale del 2018 rischia di diventare una disfatta Caporettiana. Dalle stelle alle stalle ci si mette poco, specie quando non si è amati e “protetti” dalla stampa…
SPALLETTI, SAREBBE ANCHE ORA DI CAMBIARE…
L’Inter poteva e doveva fare il risultato, aveva in mano la partita e l’ha buttata, ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare anche nei momenti grami, non solo nel tempo degli onori. O meglio, dare a Luciano quel che è di Luciano. Spalletti, pur con tutti gli elogi che gli si possono fare, con tutte le buone cose fatte vedere, ha infatti un difetto colossale, che con gli anni è peggiorato: la totale e incrollabile certezza di essere perennemente nel giusto. Non si schioda mai dalle proprie convinzioni, non retrocede mai di un millimetro. Un ideale nobile quando si lotta contro un avversario temibile, ma non quando ci si deve guardare allo specchio e ammettere le proprie colpe.
Perisic è un peso da settimane, una zavorra che è solamente dannosa. Che sia per indole, per condizione fisica o semplicemente perché vuole la cessione nessuno può saperlo, tuttavia le prestazioni parlano chiaro. Raramente si era visto un giocatore, estroso e, quando vuole, decisivo per di più, inanellare tante partite da peggiore in campo. Ma Spalletti cosa fa? Continua a confermarlo, a difenderlo, a coccolarlo e, soprattutto, mantenerlo come titolare. Addirittura sacrificando perennemente uno tra i due più in palle del momento, Keita e Politano. Ne vale davvero la pena? Questo Perisic vale il rischio di rovinare una stagione nel suo mese clou, calendario alla mano? Mah.
PERCHÉ LA TESTARDAGGINE NON PORTA LONTANO
Passi il volersi attenere al modulo prescelto, il 4-2-3-1, pur avendo un giocatore come Lautaro che ti permetterebbe di variare, almeno in base all’avversario. Passi anche il feticcio per alcuni giocatori, ma qui si sfiora veramente il masochismo. Se rimani sempre lo stesso, se non ti evolvi, ti prendono le misure, ti imbavagliano e divneta sempre più dura vincere. Le battaglie singole si vincono anche casualmente, ma in guerra, nelle lunghe campagne, alla lunga trionfa chi ha maggiore cura dei dettagli, chi è disposto a sacrificare di più… Errare è umano, caro mister, ma perseverare è diabolico.
Allora Luciano, che vogliamo fare? Sacrifichiamo i dogmi di una vita per un bene superiore o l’orgoglio è più forte? Perché l’ingenuità che ci ha tradito oggi si può perdonare, se resta isolata, ma la testardaggine da vero toscanaccio potrebbe costare cara. Non fa andare lontano a certi livelli. Sarebbe ora, dopo tanto tempo, di passare al livello successivo.
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