I regali sotto l’albero la mattina di natale, le stelle cadenti la notte di San Lorenzo, i botti di Capodanno. Queste sono solo alcune delle tradizioni che vengono passate inconsciamente da generazione in generazione. Ma la passione per l’Inter, quella per la squadra del biscione no.
Il passaggio non avviene per magia, è quasi cercato ma mai forzato. Se le circostanze cambiano e le sfumature assumono connotati diversi da persona a persona di una cosa possiamo essere certi: il vettore è quasi sempre lui. Il calcio appartiene alla nostra vita e si fonda su una decisione che ci segnerà per sempre.
Sono sicuro che il 14 marzo 1998, mio padre non voleva trasmettermi la passione per il calcio, e men che meno quella per l’Inter. Organizzò tutto quanto lui quel giorno, la tv in salotto, patatine e due maglie nerazzurre pronte per essere indossate. Zanetti per me, Ronaldo per lui. Ne sono quasi sicuro, mio padre non aveva alcuna intenzione di costringermi a tifare una squadra per il resto della mia vita, ma voleva farmi capire l’importanza di un momento passato insieme con una passione che da quel momento ancora oggi ci unisce. Fortunatamente quella stagione li si concluse con un grande successo, e stranamente un’altra storia quell’anno si unisce alla nostra. Ad alzare la coppa al Parco dei Principi in quella fantastica notte c’era lui, Massimo Moratti figlio del più celebre Angelo che con il padre condivideva la stessa nostra passione.
Da li in poi l’amore per l’Inter cresce, i momenti condivisi pure. Lui ad accompagnarmi tutte le domeniche nei campi di periferia, a prendere freddo per vedere 22 ragazzini sudati correre dietro ad un pallone, ma sempre conscio che il pomeriggio saremmo stati incollati insieme davanti alla televisione per guardare i nerazzurri. Peccato che la nostra squadra non abbia sempre ripagato la nostra passione con altrettante vittorie! Un figlio calciatore e un figlio tifoso, tifoso di quella squadra che anche lui fin da ragazzino ogni domenica aveva sostenuto.
Grazie mille Papà