Nella lunga intervista rilasciata a The Coaches’ Voice, José Mourinho ha descritto nel dettaglio le chiavi tattiche adoperate dalla sua Inter nel 2010 per sconfiggere il Barcellona. L’ex tecnico interista si è soffermato sia sull’aspetto difensivo, che quello offensivo.
Inter-Barcellona: due grandi squadre a confronto per un posto in finale
Ascoltando Mourinho parlare ai microfoni di The Coaches’ Voice sembra che gli orologi tornino indietro; si torna al 20 aprile 2010 e a San Siro l’Inter deve fermare il Barcellona per prenotare un posto nella finale di Madrid.
“Giochiamo con Julio Cesar in porta, i quattro difensori erano Maicon, Samuel, Lucio e Zanetti,” inizia il tecnico portoghese, “Durante la partita ci posizionavamo diversamente in base ai movimenti dei giocatori del Barcellona. Un diverso posizionamento e analizzando le nostre difficoltà e opportunità per far male ai nostri avversari. Era una semifinale, quindi significava giocare due partite. La prima era in casa e ovviamente sapevamo che la seconda in casa del Barcellona sarebbe stata più complicata.”
Per quanto riguarda il centrocampo e l’attacco: “Solitamente giocavano Motta, Sneijder e Cambiasso, Eto’o, Pandev e Diego Milito. In alcuni momenti della partita abbiamo portato Pandev più al centro ed Eto’o più vicino a Milito per occupare la zona centrale con una specie di rombo e dare l’opportunità a Eto’o di stare più vicino a Milito.”
Tutti nomi importanti nelle fila nerazzurre; gli avversari, però, non sono da meno: “Il Barcellona era solito giocare con quattro difensori, davanti c’era Busquets, Xavi e Keita, Iniesta non è partito titolare. Ibrahimovic era la punta centrale, ai lati Pedro e dall’altra parte un giocatore di cui non ricordo il nome. Ah Messi (ride). Ed è stato con lui che abbiamo iniziato ad analizzare e provare ad anticipare i problemi. Loro avevano Ibrahimovic come numero 9 fisso tra i due centrali.”
L’aspetto difensivo: come l’Inter di Mourinho fermò il Barcellona
Il mister, poi, analizza minuziosamente le tattiche utilizzate durante la fase difensiva per opporsi al gioco blaugrana: “Messi partiva da destra ma ovviamente con la libertà di giocare in diverse zone del campo. Dani Alves aveva il ruolo di attaccare continuamente e tentare di creare una situazione di superiorità numerica. La nostra decisione fu che quando si veniva a creare questa situazione, Messi entrava tra le linee e Dani Alves avanzava, Zanetti seguiva Messi se si spostava. Così Dani Alves poteva facilmente sfondare a sinistra, Pandev lo seguiva diventando un laterale di sinistra. Così come potevamo risolvere questa situazione? La soluzione per noi era molto chiara. Messi non poteva rimanere solo quando si spostava tra le linee; i giocatori in quella zona di campo dovevano seguirlo e controllare sempre quella zona comunicando costantemente con il terzino sinistro.”
Trattamento di riguardo, ovviamente, per l’argentino: “La cosa più importante era non far giocare Messi con facilità. Ricordo che in quella partita la stampa italiana parlava di ‘gabbia’ perché alla fine non abbiamo fatto una marcatura a uomo, ma con Zanetti, Motta, Cambiasso. Tutti erano responsabili della zona dove si trovava Messi. Lo stesso se succedeva nell’altra zona di campo dove lo seguivano Motta e Sneijder per un po’. Il nostro stile difensivo si basava in questo assunto posizionale.”
L’aspetto offensivo: come l’Inter di Mourinho sconfisse il Barcellona
Ma per vincere, naturalmente, bisogna far gol; Mourinho, però, non ha bisogno di sentirselo dire: “Ovviamente, la chiave della nostra strategia per batterli si incentrava soprattutto nel momento in cui recuperavamo palla e nella seguente transizione. In fase difensiva restavamo molto compatti, arretrando molto la posizione di Pandev ed Eto’o, contrastando le loro discese sulle fasce di Maxwell e Dani Alves. La chiave è stata attaccare gli spazi che i loro esterni lasciavano scoperti quando si spingevano in fase offensiva.”
Fondamentale, dunque, il ruolo dei terzini; per fortuna, però, la squadra milanese in quel settore non aveva il minimo problema: “Maicon è stato davvero fenomenale nel fare quel lavoro in quella partita e impegnare Maxwell, uno che è fortissimo in possesso palla ma non altrettanto quando è chiamato a difendere. Dall’altra parte c’era Dani Alves, uno che andava sempre in profondità per attaccare lo spazio eventuale lasciato dal nostro esterno, preoccupato di raddoppiare più centralmente su Messi. Il nostro scopo era di mettere in difficoltà anche centralmente Puyol e Piqué che, di conseguenza, erano molto esposti. Loro nel campionato spagnolo non erano abituati a dover recuperare negli spazi in fase difensiva, e noi siamo stati molto veloci a colpirli proprio lì.”
Insomma, una fase difensiva impeccabile per ripartire al meglio una volta recuperata palla: “E’ stato fondamentale difendere come un unico blocco, per poi attaccare con 4-5 uomini. Sembra assurdo dire questa cosa quando abbiamo avuto il 30% di possesso palla contro il 70% dei nostri avversari, ma dopo il 3-1 eravamo in totale controllo della partita. Addirittura, siamo andati molte volte vicini al quarto gol. Loro erano molto ben allenati nel ricercare subito di riconquistare palla una volta persa, ma noi abbiamo avuto la giusta mentalità per contrattaccare in maniera veloce.”