Sgomento, lacrime,lotta e grinta. C’è tutto questo nella conferenza stampa di Sinisa Mihajlovic, che annuncia al mondo intero di essere malato, di avere la leucemia e di essere pronto a combatterla.
LA RABBIA CHE DIVENTA UN’ARMA
Non ci stupisce Sinisa, che ha fatto della tenacia il suo marchio di fabbrica, in una carriera che lo ha visto anche vestire il nerazzurro, prima da giocatore che da allenatore in seconda, nell’Inter targata Mancini. Il serbo è un uomo temprato da mille battaglie,e per una volta non ci si riferisce solo a quelle sportive: ha vissuto lo scontro in Jugoslavia figlio di tanti nazionalismi e divisioni all’interno di un mondo, tenuto insieme con la forza e la repressione del generale Tito. Una realtà complessa, pesante, che all’alba del nuovo millennio si è disgregata ed è incappata in una guerra sanguinosissima e fratricida, impressa ancora vivamente nella memoria di chi l’ha vissuta sulla propria pelle.
E Miha è uno di questi. Campione d’Europa con la Stella Rossa nel 1991, si impone anche nel nostro paese, con la maglia della Samp prima e della Lazio poi. Celebri sono le sue punizioni, vere e proprie pennellate che trafiggono portieri a ripetizione, opere d’arte sempre all’incrocio dei pali. Famose come lo è la sua determinazione, come quel numero 11, così inusuale per un difensore.
VINCENTE DENTRO, DA SEMPRE
Vince tanto Sinisa, vince anche nella sua esperienza in nerazzurro (alzi la mano chi non ricorda Adriano e Mihajlovic contendersi una punizione a colpi di “pari e dispari”), sia da calciatore che da allenatore in seconda, luogotenente di quel Mancini suo compagno di squadra nell’esperienza capitolina e genovese. Sono le vittorie che danno il via alla rinascita nerazzurra e che porteranno l’Inter sul tetto del mondo: tutto nasce da lì, da quell’Inter di Miha, di Zanetti, di Cambiasso, un’Inter fatta di uomini, uomini veri.
L’esperienza da allenatore lo porta a girare tanto, dal Bologna al Catania, alla Fiorentina, alla Samp, con un breve intermezzo alla guida della nazionale serba. Poi la parentesi al Milan, e quindi il Torino, per poi approdare di nuovo al Bologna: l’esordio proprio contro l’Inter, nella scorsa stagione, e una vittoria a San Siro che fa iniziare ai felsinei un percorso da grande e che permette loro di arrivare ad una comoda salvezza. All’alba della nuova stagione la notizia shock: Miha sta male, si deve fermare. La notizia sconvolge, lascia di sasso un mondo dove il serbo è da anni un punto di riferimento, un uomo forte, un’icona, una star.
A PETTO IN FUORI E TESTA ALTA, SENZA PAURA
L’affetto e i messaggi di cordoglio non mancano, anzi lui si dice rinfrancato da una manifestazione di affetto così grande. Capitan Zanetti, dal suo profilo Instagram, ha espresso la sua vicinanza; tantissimi esponenti del mondo calcistico, da Totti a Montella, da Mancini a Oddo, decine di colleghi hanno testimoniato la loro vicinanza in un momento che potrebbe mettere al tappeto tanti. Ma non uno come lui. Piange è vero, ma le sue non sono lacrime di paura, dice, perché lui vuole affrontare la malattia di petto, anzi, a petto in fuori, come ha sempre affrontato tutto, e, come sempre, vincere.
Il coraggio del serbo e la sua fierezza, si vedono anche in un momento del genere. Piange per le persone care, per una sofferenza inaspettata e sconosciuta. Ma è proprio per quelle persone che vuole lottare, ed è proprio quella sofferenza che vuole sconfiggere nell’unico modo che conosce, e cioè lottando. Da allenatore sbraita, lotta, vuole il massimo perché dà il massimo. Farà lo stesso in questa lotta, la più difficile certo, ma se la si affronta con lo spirito di Sinisa è già un bel passo in avanti verso la guarigione.
Il Bologna, nella persona del coordinatore dell’area tecnica Sabatini, è stato vicino al mister nella conferenza stampa e ha promesso di rispettare il legame che lo lega a Mihajlovic. La panchina del Bologna rimane sua, i rossoblu rimangono i suoi ragazzi, e tutto il Dall’Ara e il pubblico italiano non vedono l’ora che torni su quella panchina, torni nella mischia, nelle lotte semiserie del calcio dopo aver sconfitto, a petto in fuori, un male silenzioso e subdolo. Forza Sinisa, calcia ancora oltre la barriera, fai gonfiare la rete. E ad esultare non saranno solo i tuoi tifosi, ma tutti gli sportivi.