Com’è che si dice? “La vita è un ciclo”, anche in un viaggio che apparentemente non richiede un ritorno alla base di partenza, come quello intrapreso da un giovane biondo con tanto talento nei piedi; quel viaggio che l’ha portato dall’aereoporto di Cagliari-Elmas a Malpensa in un 12 luglio afoso, con le zanzare che hanno già messo le tende su tutta la Penisola e con le prime partenze estive verso luoghi meravigliosi come, ad esempio, la Sardegna. Sì, la vita è un ciclo, perchè parti da casa tua pensando di non trovare nessun viso familiare e poi ritrovi sul posto di lavoro colui a cui devi un’intera carriera.
Quel volto l’avevi già visto, Nicolò. Te lo ricordi? Giocavi ancora nella Scuola Calcio “Gigi Riva” in Via Caboni 3, a Cagliari, ovviamente. Poi l’hai rivisto quando hai giocato al Giuseppe Sinigaglia, nell’unico anno in cui hai vestito la 33 del Como. Oggi, invece, lo incontri sulla sponda nerazzurra del Naviglio. Tu, proprio tu, che hai sempre tifato Cagliari ed Inter: il destino ti ha sempre voluto bene. Questa volta, però, non c’è stato bisogno del suo aiuto per scoprirti: tutti ti conoscevano già. Al massimo, Gianfranco Matteoli avrebbe potuto confermare tutto ciò che di buono si dice sul tuo conto. Ti dico un segreto: non è servito.
Fin da piccolo hai sempre adorato quella bandiera, Is cuatru morus li chiamavi, con quell’inconfondibile sardo campidanese; tu che hai sempre preferito Villasimius a Formentera, la rilassata e tranquilla vita dell’isola a quella delle metropoli assordanti ed inquinatamente rumorose. Ora inizia il capitolo tutto luci e traffico, clacson e sgasate milanesi; prima, però, diamo un’occhiata a quella porzione di vita costellata da malloreddus patate e menta, maialino sardo ed allenamenti ad Asseminello, sotto gli occhi di leggende cagliaritane come Conti, Cossu e Sau, oggi emigrato a Benevento.
Dicevamo, avevi ammaliato a suon di dribbling ed assist Gianfranco Matteoli; il sogno si era avverato: avresti vestito la maglia del tuo Cagliari, finora assaporato solo dalle tribune del Sant’Elia. Ti ci è voluto poco per bruciare le tappe: a 16 anni avevi già segnato il primo gol in Primavera, in quell’1-1 al Grosseto. L’anno successivo le presenze si sono praticamente raddoppiate: dalle 10 dei 16 anni alle 18 dei 17, nella stagione 2013/2014. Poi, il 14 gennaio 2015 si avvera un altro sogno: pizzicotto rossoblù, c’è l’esordio in Prima Squadra in Coppa Italia. Quasi quattro mesi dopo, arriva l’esordio anche in Serie A contro lo stesso avversario, il Parma.
Ancora una volta ritrovi Gianfranco: ti vuole nel suo Como, per diventare il faro nel centrocampo dei Lariani; in Sardegna, nel frattempo, era stata riconquistata la Serie A, con l’inserimento di mister Rastelli in panchina. L’ex tecnico dell’Avellino si innamora di Nicolò ed aumenta il suo raggio d’azione: dalla mediana il suo habitat diventa la trequarti, dove contribuisce notevolmente ad una tranquillissima salvezza per la sua squadra del cuore: al ritorno in A dopo un anno tra i cadetti, arriva la tredicesima posizione.
È in campo in una delle date più importanti del club cagliaritano, quel 10 settembre 2017: è la prima partita ufficiale disputata alla Sardegna Arena, il nuovo stadio dei rossoblù. La nuova era del Cagliari corrisponde con la nuova vita calcistica di Nicolò: è il secondo miglior cannoniere della squadra, con 6 gol. A 20 anni dimostra un’intelligenza calcistica fuori dal comune: recupera palloni da incontrista, serve assist da regista ed aumenta il proprio volume di gioco agendo talvolta da trequartista. Il risultato? Chelsea e Napoli piombano su di lui, ma lui rimane ancorato alla sua Sardegna.
Forte sul campo, certamente, ma anche in casa: forte e maturo. A 22 anni, in casa, è già beato tra le donne: Rebecca e Lavinia, le due piccole Barelline, e Federica, 7 anni più grande di lui e con un’immensa passione per le moto. Sua moglie è un compagno di squadra, ma corre molto più di Nicolò: moto da cross, da corsa o semplice scooter, basta che sia in sella ad una due ruote. Il 2 luglio dell’anno scorso i due hanno deciso di firmare un contratto a vita, senza clausola rescissoria. Dove? Ovviamente in Sardegna, tatuata sotto la pelle di entrambi.
Dai nuraghi al Duomo, dal rosso al nero (con il blu, o meglio, azzurro, che rimane), da un allenatore trentino ad uno pugliese. Con la stessa carica di prima, quella che da ragazzino lo rendeva il gaggio della compagnia, il ragazzo fuori dalle righe. In più, però, vi è una nuova maturità, coerente con i palcoscenici che sarà abituato a calcare da quest’anno: non vedeva l’ora di sentire quella musichetta il martedì ed il mercoledì sera..
Diventare una bandiera del Cagliari? Ci ho pensato, però non so rispondere ora, non so cosa succederà nella mia vita calcistica.
È successo quello che non si aspettava, vestire la maglia della sua seconda squadra del cuore. Cagliari ha sempre elogiato le sue vittorie, come testimoniato dalle quattro teste della bandiera: gli stranieri sono stati sempre respinti, come si evince dai trionfi contro Saragozza, Valencia, Murcia e le Baleari. In estate, però, è arrivata una sconfitta destinata ad accadere: Barella è sbarcato a Milano, dove da San Siro acclamano il quinto moro. Il quinto moro nerazzurro.
This post was last modified on 5 Settembre 2019 - 20:06