Chi non rischia, non vince. Almeno in Europa. Sembra questo il sunto del ritorno in Champions dell’Inter targata Antonio Conte. Un pareggio per il quale nessuno avrebbe firmato prima del match e che sarebbe stato sottoscritto con il sangue, a 6 minuti dal triplice fischio.
Barella e Politano cambiano la partita. Conte non cambia modulo. Giusto così?
Una scena vecchia come la storia (dell’Inter), che si ripete anche stavolta. C’era bisogno di fare punti, di non sbagliare la gara più semplice, almeno sulla carta. E invece, puntualmente, sofferenza e follia. Una follia che ti fa acciuffare un pareggio in extremis e una sofferenza, durata 90′, dettata magari da un approccio molle, da una condizione atletica non ancora al top, da un avversario di buon livello.
Ma sicuri che si tratti solo di questo?
Minuto 27 della ripresa. Entrano Politano e Barella. L’Inter cambia volto. Sensi fa da regista con personalità, Barella inizia a spingere evitando di fare solo da schermo difensivo. Politano, che sembra andare a velocità doppia rispetto a tutti, inizia a puntare e saltare gli avversari. Arrivano 5 tiri in porta in 7 minuti. Non può essere un caso.
La formazione di Antonio Conte ha cambiato atteggiamento. Ha smesso di pensare a non prenderle e ha iniziato a pensare a come darle ad un avversario, fino a quel momento, padrone di San Siro. Viene da pensare che sia merito dell’allenatore che ha indovinato i cambi, dei ragazzi che si sono fatti trovare pronti. Vero.
Ma sicuri che si tratti solo di questo?
No. Non può esserlo. Un allenatore surclassato per 70 minuti, in casa, da una squadra tecnicamente inferiore, non ha indovinato i cambi, ha sbagliato la formazione iniziale. Un giocatore, due, non possono cambiare la storia da soli. Hanno bisogno del supporto dal resto della squadra.
E allora di che cosa si tratta?
Potrebbe trattarsi della voglia di gestirsi in una competizione in cui abbassare il ritmo non è consentito. Potrebbe trattarsi di un modulo con tre difensori che probabilmente in Europa non è così efficace. Oppure, semplicemente, potrebbe trattarsi della paura di diventare grandi.
Il nuovo allenatore dell’Inter ha bisogno di trovare le risposte giuste. E di farlo in fretta. Sabato c’è il derby e la formazione nerazzurra ha bisogno di vincere per dimostrare di essere grande. Per riprendere il cammino delle prime settimane.
Il giorno dopo una partita così, si può tranquillamente sostenere tutto e il contrario di tutto. Ci si chiede come sarebbe andata a finire con un attaccante in più e un difensore in meno. Come sarebbe stato giocare senza pensare a quello che verrà. Ma non serve.
All’Inter adesso serve solo guardare avanti e pensare che la stagione è appena iniziata. In Champions mancano ancora 5 partite. In campionato sono arrivate 3 vittorie su 3. E in generale, una brutta prestazione non ha mai spaventato una tifoseria abituata a vivere di emozioni. Emozioni da Inter. Emozioni non per tutti. Not for everyone.