Paolo Condò si lancia nel racconto della storia di Romelu Lukaku, sviscerandone i passaggi fondamentali da calciatori e le vicessitudini che lo hanno visto protagonista prima dell’arrivo a Milano. Il giornalista incrocia i fatti più calcistici con la descrizione della parte più personale per ricavare il ritratto del nuovo centravanti dell’Inter.
IL GIGANTE BUONO
Un Romelu Lukaku grande, enorme, quello raccontato da cronache e giornali. Un vero e proprio gigante. In molti hanno elogiato le sue qualità fisiche, che lo rendono un giocatore praticamente unico: è difficile infatti trovare una tale stazza abbinata ad una velocità assolutamente non banale. Ma se tutti i segnali esterni potrebbero far presagire un carattere rude e scontroso, è qui che arriva la sorpresa. Condò lo sottolinea raccontando un episodio che riassume tutta la persona che è il belga. “Dopo lo Slavia Praga e il diverbio avvenuto in campo” scrive “Romelu ha cercato Brozovic ad Appiano Gentile. I due si sono chiariti, e la sintonia ci ha messo poco a tornare, sia fuori che dentro al campo. Basta guardare il Derby”. E’ l’ennesima conferma di ciò che si dice da molto: il numero 9 è proprio un gigante buono.
LUKAKU E GLI ALLENATORI
La storia calcistica del belga racconta di un giocatore che ha reso al meglio proprio dove si è sentito più a casa, più apprezzato. Non a caso brilla ancora in nazionale sotto la protezione del CT Martinez. I due si conoscono dai tempi dell’Everton, club che lo ha lanciato definitivamente e dove ha fatto vedere le cose migliori in Inghilterra. In generale il rapporto con gli allenatori è sempre stato un discriminante nella sua carriera. Basta pensare al 2013, con Mourinho. Lukaku sbaglia il rigore decisivo nella sfida di Supercoppa europea e Mou lo spedisce in prestito, proprio all’Everton. Tutto ciò nonostante fosse reduce da una stagione da 17 gol al West Bromwich. Lo Special One si sarebbe poi ricreduto nell’estate 2017, portandolo a Manchester. Ad Old Trafford, come noto, il centravanti di Anversa non ha brillato. Ma c’è un motivo preciso, secondo Condò: “Non era nel gruppo dominante, non era il fulcro della squadra come potevano essere Pogba e Martial. Gli arrivavano pochissimi palloni, e tutti addosso“. E pensare che Mourinho lo aveva strappato ad un altro allenatore, che non casualmente lo aveva inseguito a lungo e che tanto avrebbe voluto averlo con sé.
Quell’allenatore è, ovviamente, Antonio Conte. Capitolo uno. Già alla Juve nel 2014 avrebbe fatto carte false per averlo. Con l’Everton non fu cosa, e forse anche per questo Conte se ne andò da Vinovo. Capitolo due: nel 2017, reduce da un campionato vinto in modo scoppiettante, Conte perde Diego Costa, forse anche per demeriti suoi. Il rimpiazzo chiesto è di nuovo il gigante buono, ma Abramovich non lo accontenta. Anche in quel caso fu rottura, a fine stagione. Capitolo tre. Conte, con cinque anni di ritardo, abbraccia il suo centravanti. Con la volontà di predisporre ogni cosa per farlo rendere al meglio. Cosa, come visto, fondamentale per Lukaku.