Ce la ricordiamo tutti quella serata, no? Beh, nel caso in cui le vostri sinapsi nerazzurre siano in standby, cerchiamo di ricordarcela assieme, con i due momenti chiave della gara, perfettamente calibrati tra loro, a 35 minuti di distanza. Il primo arriva ad una decina di minuti dal termine del primo tempo: Julio Cesar rinvia lungo, lui colpisce di testa, serve Sneijder che lo lancia davanti a Butt, quando ormai la retroguardia bavarese si può solo mettere le mani nei capelli. 1-0.
Cambia la porta, i minuti trascorsi sono ancora una volta 35, ma l’azione si sviluppa su binari totalmente differenti: bruttissima entrata di Muller su Sneijder, che riesce comunque a servire Eto’o, il quale non ci pensa due volte a dargli palla. È Tyson vs Ali, è Rocky vs Drago, è lui vs Van Buyten: attimi d’attesa, con lui che porta palla al piede, sembra voler accentrarsi ma “UNA FINTA, IN AREA… ANCORA! EL PRINCIPE, DIEGO MILITO”. È lui, l’oggetto misterioso, il pugile che manda al tappeto gli avversari con un doppio knockout: suona la campanella, Milito trascina l’Inter con i guantoni alzati al cielo, in una delle notti più romantiche di sempre per i tifosi nerazzurri.
Prima del match, però, c’è l’allenamento: non si arriva alla finale di Champions League senza la gavetta. O meglio, non si diventa Principe senza aver imparato come ci si comporta a corte: facciamo un passo indietro, quando la corona di Madrid non era neanche un sogno lontano.
SANGUE CALABRESE NELLE VENE ARGENTINE
Piccolo excursus geografico: Terranova da Sibari è una piccola cittadina nel cosentino, intrisa (com’è normale che sia) nelle tradizioni calabresi. Per i più è nota per l’episodio del meteorite, ossia per la presunta caduta di un oggetto roccioso dallo spazio di circa 3,5 kg nel luglio del 1775, ma gli amici della famiglia Milito la conoscono per il sangue che scorre nelle vene di Diego e dei suoi familiari: negli anni cinquanta, in occasione di una delle tante orde migratorie dal nostro Paese verso il Sudamerica, anche i nonni di Milito, Salvatore e Caterina, si sono spostati in Argentina. Circa 25 anni dopo questo spostamento, nasce il nipotino, il 12 giugno del 1979, a Bernal.
Certo, giocare a pallone gli piaceva, ma non era sicuramente la scelta di vita prioritaria per il futuro: Diego voleva fare il commercialista, papà Jorge gli voleva lasciare in eredità la sua azienda metallurgica. La realtà dei fatti, però, stravolge le carte in tavola: Bernal dista da Avellaneda solo venticinque minuti in macchina, ed un giorno Diego (che fin da subito viene chiamato Principe per la sua somiglianza con il bomber Enzo Francescoli, anch’esso soprannominato così) decide di fare un provino per il Racing, quella che era sempre stata la sua squadra del cuore: il biancorosso dell’Independiente non gli era mai stato simpatico. È l’inizio di una storia che non deve (e non vuole) terminare: esordisce in prima squadra a 20 anni, dopo due stagioni di militanza nel Racing Club II, l’organo di sviluppo giovanile de La Academia.
Sono 34 le reti al termine del suo primo ciclo con i biancazzurri, che termina nel 2004 dopo una vittoria dell’Apertura 2001 e diversi derby giocati in famiglia: Gabriel, fratello minore di Diego, militava negli acerrimi rivali dell’Independiente. Dicevamo, 2004: Enrico Preziosi si fa convincere dal suo staff d’osservazione che questo 25enne italo-argentino potrebbe far comodo al suo Genoa: Milito sbarca in Italia, consapevole di poter incidere anche in un altro Stato considerato “casa”. È una macchina da gol: segna ancora 34 gol, come al Racing, ma con 68 gare disputate in meno. Il Genoa, però, viene retrocesso in C1 per illecito sportivo, e Diego è costretto a lasciare la Liguria, convinto di poterci tornare da protagonista, su palcoscenici diversi.
I FRATELLI MILITO ALLA CONQUISTA DELLA SPAGNA
Genoa in C1, ma con un gioiello in vetrina: se lo aggiudica il Saragozza, che versa nelle casse rossoblù due milioni di euro + cinque per un eventuale riscatto dopo la prima stagione in Liga di Milito; la prima di Diego, perché Gabriel si era già abituato ai ritmi turbolenti del calcio iberico e non vedeva l’ora di condividere lo spogliatoio col fratello.
I risultati del lavorare in famiglia si vedono: Gabi guida la difesa, Diego macina reti su reti, e il Saragozza si porta a casa una finale di Copa del Rey, persa contro l’Espanyol 4-1. Los Blanquillos, però, possono essere soddisfatti della loro coppia d’attacco: Milito ed Ewerthon siglano assieme 40 gol nella loro prima stagione in Aragona. Ah, dimenticavo: il Principe mette a segno un poker nel 6-1 contro il Real Madrid; sì, avete letto bene: poker al Real. L’anno successivo il brasiliano non si ripete, ma l’argentino continua a brillare: i 22 gol del Principe valgono il sesto posto al Saragozza, che si decide a comprare definitivamente il cartellino di Milito.
A Genova, nel frattempo, le cose andavano meglio: i rossoblù centrano la doppia promozione, e nell’estate 2008 sono pronti ad una grande campagna acquisti per riportare credibilità ad un ambiente immerso negli scandali dopo la partita truccata con il Venezia ai tempi della B. Preziosi non ci pensa due volte: mette sul piatto 13 milioni di euro per riportarlo in Italia, battendo la concorrenza del Tottenham e puntando sulla volontà del calciatore. Sigla 26 gol e serve 6 assist in 32 partite, dominando letteralmente su ogni campo della Serie A e facendo impazzire qualsiasi retroguardia avversaria: segna di destro, di sinistro, di testa, al volo, da fermo… L’incoronazione è sempre più vicina.
LA MILANO NERAZZURRA SI INCHINA AL SUO PRINCIPE
Abbiamo aperto la sua storia con quella magica doppietta, ma l’avventura in nerazzurro di Milito arriva esattamente 363 giorni prima di quell’indimenticabile nottata a Madrid. È il 20 maggio 2009, quando Enrico Preziosi annuncia il secondo addio dell’argentino alla Genova rossoblù: Milito e Thiago Motta passano all’Inter di Josè Mourinho, fondamentali ingranaggi nella macchina da guerra progettata dallo Special One; per loro vengono investiti 18 milioni di euro ed i cartellini di Bolzoni, Viviano ed un certo Leonardo Bonucci.
Basterebbero i numeri per raccontare la prima annata di Milito a Milano, che in nerazzurro vive una seconda giovinezza: è un ragazzino nel corpo di un trentenne, leggiadro, agile ed infermabile, ma soprattutto letale davanti alla porta avversaria. È decisivo nelle tre partite chiave per la stagione interista: oltre alle due reti contro il Bayern il 22 maggio, diciassette giorni prima abbatte la Roma in finale di Coppa Italia ed il 16 maggio segna il gol decisivo nella trasferta di Siena, che vale il 18esimo Scudetto per i nerazzurri. La mattina del 23 maggio pensava di aver vissuto un sogno, invece era tutto vero: era il calciatore più chiacchierato al mondo, lo volevano una dozzina di top club, ma aveva deciso di essere fedele all’Inter, con la quale giocherà complessivamente 5 stagioni, 171 partite costellate da 75 reti e 29 assist. In una di queste arriva il terribile infortunio al legamento crociato del ginocchio sinistro, quando Milito si accascia al suolo al settimo minuto di gioco contro i rumeni del Cluj. Calvario interminabile, che si conclude con una doppietta al rientro nel tennistico 7-0 al Sassuolo.
TRAMONTO A CASA SUA
Terminata l’avventura in nerazzurro, saluta il mondo del calcio da casa sua, il quel Racing che 15 anni prima l’aveva lanciato in Primera División e che ora lo riabbracciava dopo il suo ritorno al Cilindro di Avellaneda. È un addio glorioso, con la vittoria del campionato argentino nel 2014 e con un passaggio di consegne speciale: nel giorno di Halloween 2015 il Racing saluta il suo nuovo bomber, che all’anagrafe fa Lautaro Martinez; dopo la doppietta al Crucero, Milito esce e dà spazio al nuovo che avanza, che ora segue le sue orme anche a San Siro. È l’addio del Principe, che in quella notte di Madrid era diventato Re, e che a Milano sarà sempre venerato.
Ci inginocchiamo a te, Diego Milito.