Inter-Roma, una delle sfide più classiche del campionato interista, un gara da sempre accesa e che ha saputo regalare grandi emozioni. Ieri sera, tra tatticismi e aspettative da classifica, ne è uscito un match non esaltante, ma che vede l’Inter recriminare molto di più dei capitolini.
CONTE VS FONSECA
Le sfide del calcio moderno stanno diventando più di semplici partite. Sono veri e propri scontri tra filosofie e visioni del gioco che possono essere tanto vicine quanto diametralmente opposte. Ieri sera la sfida delle panche ha messo di fronte Conte e Fonseca, debuttante nel torneo tricolore. Entrambi i tecnici non snaturano le proprie creature, andandosi a giocare il match con le idee e le convinzioni che hanno caratterizzato i rispettivi progetti tecnici sin dall’inizio, a tratti annullandosi a vicenda.
Per Conte il solito 3-5-2, standard verrebe da dire. Tre difensori puri e il solito attacco pesante, supportato da un centrocampo sì rimanggiato ma vincente con lo Slavia Praga. Fonseca si affida al venerato 4-2-3-1. Tanta, tantissima qualità in campo per il portoghese, che privo di Dzeko schiera Zaniolo falso 9 davanti al tridente di trequartisti.
TANTA POTENZA, POCO ATTO: LA PARTITA NON SI STAPPA
La partita aveva tutte le carte in regola per scoppiare da un momento all’altro, viste le potenzialià offensive delle due squadre. Dopo tanta attesa, è finita per non scoppiare mai. Il match ha continuato a cambiare di padrone, con due squadre in campo che volevano entrambe governare la partita e gestire le operazioni a modo proprio. Il possesso che la Roma è riuscita a gestire, a tratti anche con autorità, è stato disinnescato dall’organizzazione della difesa di Conte. De Vrij, Skriniar e Godìn hanno fatto la differenza sia nell’aggressione alta che nel difendere arroccati nella propria rea di rigore, rendendo le manovre dei giallorossi di fatto sterili e poco pericolose dalle parti di Handanovic. Dati alla mano, infatti, l’unica occasione tangibile per la Roma è stata un tiro di Zaniolo, centrale e rasoterra, che lo sloveno non ha avuto difficoltà a disinnescare.
Musica diversa per i nerazzurri, che di occasioni ne hanno avute decisamente di più. Paradossalmente le più importanti sono arrivate non da iniziativa diretta degli uomini di Conte, ma su errori in costruzione della Roma, indotta a rischi eccessivi dal pressing nerazzurro. Due di queste, monumentali, nel primo tempo, sui piedi di Vecino prima e Brozovic poi. Il peso delle palle sciupate in area aumenta ancora di più considerando la buona prova difensiva anche degli uomini di Fonseca. Linea alta, squadra corta, e pochissimi spazi in cui agire hanno costretto l’Inter a imbastire azioni più lente e troppo orizzontali, che non poche volte si sono rivelate inconcludenti.
RAMMRICO PER LA POCA CATTIVERIA
Il risultato finale non può però che essere figlio della poca lucidità dei nerazzurri. Dai sopracitati Vecino e Brozovic, fino al duo Lukaku-Lautaro, passando per gli esterni, in troppi hanno sbagliato le scelte decisive nell’ultimo quarto di campo. Un buon Mirante si frapposto tra Inter e vantaggio in un paio di buone occasioni, ma sono state fatali le conclusioni che a più riprese non hanno centrato la porta o che, addirittura, non sono nemmeno arrivate. L’Inter paga la poca cattiveria e concretezza, lasciandosi dietro un senso di rammarico e incompiutezza.