La lite dopo Napoli-Inter tra Conte e Capello è destinata a essere ricordata per molto tempo. Si svolge tra due titani della panca, ha come oggetto uno dei più scottanti argomenti di filosofia calcistica dell’ultimo periodo: il contropiede. Insomma, un’autentica battaglia di idee ed epiteti, nella gara a chi è il meno difensivista. Il Corriere dello Sport prova a far luce sull’accaduto, schierandosi dalla parte di Mister Capello.
“CONTROPIEDE!”: SI SALVI CHI PUO’
Il quotidiano osserva come la reazione di Conte sia oltremodo esagerata per l’argomento in questione. Non tanto per la reazione in sè, quanto più per il “disgusto” che l’allenatore ha mostrato al sentire la parola “contropiede”. Un argomento calcistico italiano, troppo italiano, che anni di propaganda del futbol spagnolo hanno messo sulla catasta del rogo. E ogni volta che viene ri-tirato in ballo, sembra che si parli del diavolo. Calma.
LA VICENDA
L’equivoco, è vero, è nato dalla reazione di Conte, che ha però sentito solo una parte del discorso di Capello. L’allenatore salentino ha temuto che la prestazione della sua squadra, fatta altresì da aggressione dell’avversario e ricerca del predominio, fosse ridotta unicamente ad arroccamento in area e colpo di fortuna in campo aperto. Nulla di tutto ciò. E’ vero, le vittorie in trasferta dell’Inter quest’anno hanno spesso la costante di arrivare su gol fatti in campo aperto, in contropiede, in ripartenza, o qual dir si voglia. Questi risultati, però, non derivano da un atteggaimento rinunciatario e provinciale, quanto più dalla bravura nello sfruttare i maggiori rischi che gli avversari si prendono tra le proprie mura. Il tutto mantenendo un’idea di base, che si traduce in identità di gioco, del pressing alto e del giocare sempre la palla.
L’EPILOGO
Conte non ha vinto solo di contropiede, nè Capello gli ha imputato di averlo fatto. Conte non ripudia Bearzot, il mago Herrera, Lippi, Rocco, il Trap, come sostiene il Corriere. Anzi, a volte li applica pure. Semplicemente lo fa in un contesto calcistico completamente diverso, che va in una direzione antitetica a quella dei tempi dei signori sopracitati. A partire dal regolamento, che invita sempre di più a giocare il pallone, a partire dal basso, a costruire. Ma in questo “mondo nuovo”, molti allenatori come lo stesso Conte o il vituperato Max Allegri ci hanno mostrato che è possibile unire l’antica efficacia con la moderna forma. Non è un paese per vecchi. O forse sì.