Il Castello Sforzesco è indiscutibilmente uno dei simboli di Milano e al suo interno viene custodita la Pietà Rondanini, l’ultima opera d’arte di Michelangelo Buonarroti. Sbozzata, non-finita. Un lavoro che può lasciare perplessi per chi non è esperto, ma che conserva tecniche che sembra non abbiano rapporto con il resto della scultura, modellata nello stile di quindici, vent’anni prima che morisse, quando non era ancora al culmine della sua arte. Tutta la composizione sarebbe stata esteticamente perfetta se fosse stata scolpita nello stile delle gambe, ma così com’è ora, è la scultura più commovente.
A circa sei chilometri dal Castello, ieri sera, il sacro tempio del calcio Milanese o San Siro per intenderci, ha avuto seppur per pochi secondi, un non-finito che farebbe invidia ad ogni artista del calcio. La punizione di Eriksen è un’opera incompleta. Il pallone non è entrato e il danese non ha segnato quello che poteva risultare uno dei gol più memorabili nella storia di un derby già abbastanza pazzo. Ma la gloria di un gol, in questo caso, non avrebbe riassunto la bellezza estetica di una tecnica sopraffina.
Come la Pietà Rondanini, il grande se che caratterizza quest’immagine è ciò che la rende storicamente influente. Se Michelangelo avesse finito la sua scultura, sarebbe rimasta grande nella mente dei critici dell’arte, ma con l’aggravante di avere in comune qualcosa con tutti gli altri capolavori. Se Eriksen avesse fatto gol, probabilmente non sarebbe stato così bello. La spiegazione scientifica della perfezione estetica della punizione del danese, ve la può dare questo frame, che dimostra come il pallone non sarebbe potuto entrare poiché fisicamente impossibile.
L’ultima opera prima di morire per Michelangelo, la prima per diventare grande per Eriksen. Come ogni corrente artistica, anche le punizioni hanno le proprie influenze, e il tiro del 24 nerazzurro è un insieme tra il primo Juninho Pernambucano, David Luiz nella coppa del mondo del tragico 1-7, e la maledetta di Pirlo contro l’Inghilterra, che da quell’istante ha confuso a vita la carriera di Joe Hart.
In una serata in cui il Milan sembrava aver colorato di rossonero tutta Milano nel primo tempo, Antonio Conte ha tirato fuori dai suoi giocatori una consapevolezza di poter vincere una partita che sembrava ormai persa, risvegliando valori come la grinta, la forza, la leadership (in foto Lukaku guida l’Inter alla vittoria come la Libertà di Delacroix) e in questo caso il valore che nel calcio può contare fino ad un certo punto: la bellezza.
This post was last modified on 10 Febbraio 2020 - 13:45