Alla vigilia della sfida con la Lazio, l’Inter non conosceva la parola “sconfitta” in trasferta. La squadra che al novantesimo abbandona il campo dell’Olimpico, invece, quella parola c’è l’ha stampata sulla pelle. La squadra fa fatica ed è inutile negarlo. È la prima volta? A dire il vero no. Nella prima metà di stagione i nerazzurri avevano pagato a caro prezzo (con l’eliminazione dalla Champions League) le continue assenze a centrocampo di Sensi e Barella. Tant’è che Antonio Conte si è lamentato più volte della coperta corta di fronte a microfoni e telecamere, ottenendo un regalino che in linea con la campagna promozionale dell’Inter è #NotForEveryone… Christian Eriksen. Ora che conte ha avuto quello che chiedeva, è cambiato qualcosa?
Per la terza partita consecutiva, Eriksen è finito in panchina. Non è ancora al top della forma, ma dimostrato di poter essere decisivo in più di un occasione. Lanciandolo nella mischia solamente nei minuti finali (la maggior parte dei casi in una situazione di svantaggio) non risolve molto. Ma questo discorso non vale solo per lui. Alexis Sanchez avrebbe di sicuro aiutato la squadra in maniera significativa se solo avesse giocato più di 7 minuti contati. Per questo, agli errori di Skriniar, Vecino e Padelli, aggiungiamo una cattiva lettura del match da parte di Conte alla base della disfatta di Roma.
E come se non bastasse, il tecnico salentino è ricaduto in un suo vecchio errore. Dopo aver criticato gli “inesperti” Sensi e Barella, ecco altre parole non proprio al bacio per il nuovo arrivato: “Non è un calciatore che spacca le partite“. Tralasciando che Eriksen è patrimonio del club e come tale va tutelato, questa affermazione non fa altro che confermare la tesi che lo vedrebbe meglio in campo dal primo minuto piuttosto che seduto in panca fino alla zona Cesarini. Conte non è un infiltrato o un incompetente. Capita a tutti di sbagliare. Ma ora non ci sono più alibi ed è il momento di ripartire. Insieme.
This post was last modified on 17 Febbraio 2020 - 20:16