Questa storia parla di due padroni della stessa casa che, almeno due volte all’anno, si contendono la supremazia della medesima. E lo fanno in un modo piuttosto singolare: giocando a calcio. La dimora in questione è una delle più antiche e gloriose d’Italia, conosciuta come Stadio Giuseppe Meazza in San Siro.
Il contesto
Una fredda domenica di febbraio faceva sfondo ad una delle partite più emozionanti della stagione di Serie A 2019/2020, che probabilmente passerà alla storia, ma in senso negativo. Quando ancora il panico da Coronavirus era ai primordi ma non era abbastanza grande da proibire un esodo di massa allo Stadio Meazza. Tutto esaurito, non c’era spazio neanche per una formica.
Come al solito, la tensione era palpabile. Sotto il cielo di Milano, alla corte della Madonnina, Inter e Milan erano pronti per sfidarsi accompagnati dalle consuete coreografie sugli spalti. Dapprima i rossoneri, probabilmente con tanta timidezza, espongono la loro arte: quattro volti di quattro persone diverse che, chi telefonicamente chi invece all’orecchio dell’altro, chiacchierano tra di loro. Il significato è racchiuso nella scritta “Vuoi far l’Ultra poi… Interista zabetta” che si divide tra la parte superiore e quella inferiore della coreografia. L’ultima parola appartiene al lessico del dialetto milanese, e la traduzione sta per “chiacchierone”.
Dall’altro lato del terreno di gioco c’era chi invece la sfida non voleva perderla nemmeno sugli spalti. I nerazzurri rispondono al pungente striscione avversario in maniera elegante: un destriero con addosso i colori della Beneamata è intento a sovrastare un diavolo rossonero dalle dimensioni minuscole. Questioni di prospettiva, ne converrete. Nella parte inferiore della coreografia è presente una scritta, anch’essa altrettanto elegante, che recita: “Vipereos mores non violabo”, vecchio motto in lingua latina della Dinastia Viscontea, che tradotto vuol dire: “Non violerò le usanze dragonesche”.
La sfida
Bando alle ciance. Alle ore 20:45 la palla passa ai giocatori. A battere il calcio d’inizio è il Milan, subito protagonista con un tiro da fuori di Calhanoglu che si stampa sul palo alla destra del portiere dell’Inter, Daniele Padelli. Il tifo rossonero esulta in maniera illusoria, ma con piacevole consapevolezza del fatto che la sua squadra c’è.
L’Inter sembra non rispondere e così il Milan, al quarantesimo del primo tempo, ne approfitta, questa volta in maniera decisa: Ante Rebic insacca un pallone servito sul piatto d’argento dal giocatore più temuto della serata, Zlatan Ibrahimovic, grande ex della partita.
È lo stesso che cinque minuti più tardi, allo scadere del primo tempo regolamentare, segna la rete dello 0-2 a favore del Milan. L’incubo interista si era ormai materializzato; la sua rivale conduce il gioco e il risultato in maniera totalmente inaspettata, e per di più, trascinata da un suo importante ex calciatore. “Tu quoque”, avrebbero sicuramente detto i tifosi interisti, dopo aver acquisito dimestichezza con i motti latini.
Tanti sono gli aneddoti legati a ciò che sarebbe successo all’interno dello spogliatoio nerazzurro. C’è chi dice che l’allenatore Antonio Conte abbia sgridato i suoi giocatori con una voce talmente alta e aggressiva che fece tremare persino lo stadio. C’è invece un’altra versione, che vede i giocatori dell’Inter travolti da un impeto di autocoscienza e rabbia, dopo essersi comunque consultati, secondo questa versione in maniera pacifica, con l’allenatore. In tutte le storie che si narrano, Antonio Conte sembra essere stato la chiave di volta.
Riprende il gioco: palla all’Inter, come da regolamento. Il dischetto del centrocampo sembra essere stato, in questa sfida, colui che ha decretato il padrone del gioco in entrambe le sequenze. Come s’è visto infatti, a comandare nel primo tempo era stato il Milan, lo stesso che batté il calcio d’inizio. Viceversa, nel secondo tempo, il campo era padroneggiato da chi per primo toccò la palla nella sequenza di gioco successiva alla prima.
La Beneamata reagisce e ruggisce: passano circa sei minuti e Marcelo Brozovic dal limite dell’area realizza, anche in maniera più complicata, ciò che Calhanoglu aveva soltanto sfiorato. Un tiro al volo su respinta corta della mischia creatasi a seguito di un calcio d’angolo battuto dall’Inter. Palla nell’angolino basso, Donnarumma battuto, punteggio sull’1-2.
Non passano tanti minuti prima che il punteggio tornasse in parità. Al 53’ Matias Vecino, a seguito di una stupenda triangolazione che lo vede protagonista con Godin e Sanchez, spedisce in rete il pallone del 2-2.
Tutto ritorna com’era. Comincia il vero spettacolo, ma il Milan aveva già esaurito le sue energie dopo un primo tempo condotto alla massima velocità.
Minuto 70, calcio d’angolo per l’Inter. Nella mischia, una prodezza di testa dall’enorme bellezza di Stefan De Vrij finisce in rete e il punteggio cambia ulteriormente: 3-2 per l’Inter. Sono i padroni di casa, non più gli ospiti, a dettare legge sul campo. Un buon padrone di casa è colui che riesce a far sentire a suo agio i propri ospiti, pur non facendosi mettere i piedi in testa.
E se il terzo gol non fosse bastato per mettere le cose in chiaro, ecco che interviene Romelu Lukaku di testa, su assist di Victor Moses, allo scadere del terzo minuto di recupero. 4-2 per l’Inter: questo il risultato finale.
Termina così la prima dolce novella nerazzurra, di un tempo presente destinato a vivere per sempre nella mente e nelle opere dei posteri.