Massimiliano Mirabelli, ai microfoni di Calciomercato.com , ha rilasciato una lunga intervista, in cui parla molto di Inter, oltre che del suo passato come osservatore e del rapporto con Ausilio.
Mirabelli inizia raccontando un particolare ricordo del suo periodo da osservatore:
” Ero alla Bombonera per assistere al grande classico Boca-River. Lo stadio era una bolgia. Avevo grandi aspettative, mentre guardavo la partita, ma nessuno mi fece impazzire. Il giorno dopo tornai alla Bombonera, per assistere a Boca-River, giocata dai rispettivi settori giovanili. Lo stadio era vuoto, niente a che vedere con lo spettacolo di pubblico del giorno prima. Questa volta, però, la cosa speciale accadeva sul campo. Vidi un ragazzino che dominava il centrocampo con personalità, facendo sembrare tutto semplice. A un certo punto, la squadra rimase in 10 e l’allenatore lo spostò in difesa. Giocò molto bene anche lì.
Quando tornai a Milano raccontai tutto a Mancini e Ausilio. Il ragazzo si chiamava Rodrigo Bentancur e poteva essere preso con un investimento non troppo esoso. Per la società era un momento complicato. Era in piena era Tohir e sotto la stretta del fair play finanziario e anche piccoli investimenti sembravano montagne da scalare. Di quel match segnalai anche un altro giocatore. Era Palacios, di cui sentirete parlare sempre di più“.
L’intervista di Mirabelli prosegue con il rapporto con Ausilio e di come si sia incrinato dopo il passaggio al Milan:
“ L’inter mi ha dato una grande possibilità, ma volevo iniziare ad aprirmi al mondo, studiare nuovi profili Ausilio me ne ha dato la possibilità. Il fatto che non abbia preso bene il mio passaggio al Milan è una cosa che ancora mi dispiace. A lui devo molto, un uomo con valori che condivido, un professionista serio. Non ci siamo mai chiariti, almeno per come avrei voluto. Ci siamo incrociati in occasione di qualche derby ripromettendoci una cena che per mille motivi diversi non si è mai svolta. Ma prima o poi accadrà, magari al termine di questo brutto periodo che stiamo vivendo“.
Mirabelli dedica un pensiero anche a Mancini:
” È un uomo di una classe incredibile, sotto tutti i punti di vista. Ricordo che ad Appiano era consuetudine girare in tenuta sportiva, ma mentre noi comuni mortali potevamo apparire dei pezzenti, lui, che pure indossava la stessa e identica tuta, pareva sfoggiasse abiti sartoriali. Mancini è incredibile nel modo di porsi, nell’impostazione del lavoro. È nato per vincere e non ha paura del fallimento. Nelle interviste parla in modo diverso dagli altri. Gli allenatori mettono le mani avanti, dicendo che il lavoro degli altri è partito prima, che bisogna costruire. Le inventano tutte per togliersi di dosso responsabilità che poi la stampa potrebbe fargli pagare. Mancini invece se ne frega, anche da ct, lui gioca l’Europeo e si presenta per vincerlo. Solo chi è grande come lui non si cura di certi rischi. Riconosce il talento, lo annusa e lo porta in superficie. Sa mettere insieme quelli che giocano bene a pallone e soprattutto sa correggere i giovani che sbagliano. Sa insegnare e i calciatori lo ascoltano, perché, prima di diventare professionisti, guardavano i video dei suoi gol a bocca aperta. Per questo ha una grande credibilità. Mancini ascolta, è aperto al dialogo e apprezza chi, con umiltà, espone i propri punti di vista senza pensare al rischio che potrebbe comportare l’esposizione di idee diverse. Abbiamo parlato tanto di calcio, di calciatori, di idee. Non è semplice dire che, se Mancini fosse rimasto all’Inter, io non sarei andato al Milan, ma forse la sua scelta ha in qualche modo influenzato la mia. Il Milan rappresentava comunque un’esperienza da vivere, passavo da capo scout alla gestione tecnica di una società. Ho scelto anche rischiando, perché dopo aver lasciato l’Inter ho atteso per mesi un closing che a un certo punto sembrava destinato a non realizzarsi“.
Le ultime parole sono per l’Inter di Conte, dall’inserimento di Eriksen alla difesa a tre:
” Eriksen è un calciatore formidabile, un trequartista come ne esistono pochi in circolazione. Può giocare anche da interno di centrocampo ma a patto che accanto a lui ci siano calciatori che possano bilanciare la squadra. Detto questo, non devo insegnare nulla a Conte, che reputo uno degli allenatori più intelligenti e preparati al mondo. Dicono sia integralista, ma lui partiva da idee tattiche diverse. Ricordo il suo 4-2-4 e ricordo anche quando modificò la Juventus in funzione di Pirlo. Per questo non mi sorprenderei nel vedergli cambiare modulo anche all’Inter. Anche perché credo che il problema, lì, sia quello della difesa a tre. Se vuoi giocare a tre, a turno, uno dei due laterali deve dare appoggio al centrocampo e né Skriniar né Godin sanno interpretare questo tipo di ruolo. Bastoni ci riesce un po’ di più, ma anche lui non è abbastanza pronto. L’unico a proprio agio è de Vrij al centro, ma gli altri si perdono e per questo motivo credo che alla fine si possa andare verso altre soluzioni“.
This post was last modified on 2 Aprile 2020 - 14:17