Un momento molto particolare quello che tutto il mondo sta vivendo. Ecco cosa pensa della situazione Coronavirus Ranieri, da molti protagonisti considerato un insegnante dentro e fuori dal campo. L’attuale allenatore della Sampdoria parla anche dell’altalenante esperienza sulla panchina dell’Inter.
COME VIVE IL CORONAVIRUS RANIERI E I SUOI RIMPIANTI IN NERAZZURRO
Ecco l’intervista rilasciata dall’allenatore romano su Sky Sport, i suoi consigli e i suoi ricordi.
Come affronta la qurantena?
“Non abbiamo mai mollato, la sera mandiamo il programma della mattina seguente ai nostri giocatori. Ovviamente non è la stessa cosa che dal vivo: c’è chi ha il giardino e chi no ed è più sacrificato. La vivo con grande fiducia, la cosa fondamentale è fare quello che dice il Governo: stare a casa e non scavalcare le direttive“.
Come immagina il primo allenamento post quarantena?
“Mi dispiacerà non poter riabbracciare i giocatori: sono sicuro che ci capiremo col feeling. Poi, io stringo sempre la mano a tutti, nell’ultimo periodo ho cominciato a non darla. Comunque tornare ad allenarsi tutti insieme sarà bello“.
Come rigiocherebbe quel famoso Roma-Samp del 2010?
“Nel primo tempo eravano in vantaggio e sbagliammo tanti gol: se fosse finita 3-0 non ci sarebbe stato nulla da dire. Nella ripresa ci sono state due invenzioni di Cassano per Pazzini, doveva andare così”. Ranieri non attribuisce quella rimonta alla condizione fisica: “Non credo che fossimo stanchi, avevamo fatto una rimonta incredibile in classifica e superato l’Inter: c’era grande euforia, in quei momenti non pensi alla stanchezza. Nel primo tempo avevamo avuto 4 occasioni per chiuderla, poi il doppio gol ci ha tagliato le gambe“.
Cosa è mancato per affermarsi alla Juventus?
“Alla Juventus sono arrivato in un momento particolare con la squadra che tornava dalla Serie B. Non si poteva fare più di quanto è stato fatto, in rosa c’erano 5 campioni e tanti ragazzi giovani”.
E per affermarsi all’Inter?
“All’Inter arrivai a metà stagione e nel dopo Mourinho, con una squadra che andava rifondata. Facemmo 7 vittorie di fila, ci fu una grande voglia di rientrare nelle coppe”. Ecco quando e perchè, secondo l’allenatore, si sono rotti i meccanisi di quella squadra: “A Natale vendettero Coutinho e Thiago Motta e la squadra si disunì: Motta era un catalizzatore, un regista con la “R” maiuscola che faceva girare tutta la squadra. Poi dopo aver pareggiato e perso alcune partite venni esonerato. Magari se invece di fare 7 vittorie di fila ne avessi vinte un paio alla volta intervallate da una sconfitta, avrei potuto finire il campionato sulla panchina nerazzurra, ma è andata così“.