Intervistato dal quotidiano spagnolo El Pais Damiano Tommasi, presidente dell’Aic, ha parlato della situazione del calcio italiano dopo due mesi di lockdown. Ecco quanto detto.
“Se ci sono condizioni, devi giocare adesso. Ma la salute è davanti a tutto. È molto complicato perché ci mancano molte partite e abbiamo bisogno di tempo. Più giorni passano, meno possibilità avremo”.
“I medici non possono evitare il contatto fisico ma possono lavorare con indumenti protettivi, occhiali e maschere. I calciatori appartengono al solo settore i cui dipendenti non hanno la possibilità di svolgere il proprio lavoro con protezioni individuali”.
“Questa è la parte più complicata dell’argomento. Prima la salute, ma dobbiamo capire che il calcio è un’industria. Siamo più interessati alla Serie B, Lega Pro e al calcio amatoriale. Lì corriamo il rischio di rimanere con meno squadre. Quindi dobbiamo guardare a settembre; non si tratta solo di salvare questa stagione. Nelle piccole categorie abbiamo un grave problema che non riguarda solo i giocatori ma tutti i lavoratori collegati alle squadre. La parte più difficile è decidere dopo aver ascoltato i dottori”.
“Il problema con il protocollo è che in Italia non è stato ancora approvato dal governo,. Gli scienziati hanno dei dubbi su questo perché lo scopo è allenarsi in un gruppo e rispettare la distanza tra le persone. Il protocollo della federazione prevede tre settimane di ritiro per tornare all’allenamento, ma non prevede viaggi e partite. Per giocare di nuovo, devi fare un altro protocollo. Basterà vivere in ritiro? Ci consentiranno di viaggiare per giocare? In Italia non siamo chiari”.
“Non so se abbiamo bisogno del coraggio per tornare a giocare o per terminarla. La verità è che abbiamo bisogno di responsabilità. E questa è la differenza tra gli opinionisti e coloro che devono scrivere le norme. Finire tutto è forse il modo più semplice. Penso che in Italia ci sia stato anche il coraggio di fermare il calcio. Concludere la stagione non è per niente facile. Il governo, i sindaci, i presidenti delle regioni, stanno aspettando il parere dei dottori. E questo ci disorienta”.
“Sì. Ma ci sono due rischi. Il principale è quello della salute dei lavoratori. L’altro è che l’epidemia si diffonda nuovamente. Nelle regioni con quasi nessuna infezione, non capiscono come tutto sia chiuso e dove ci sono state migliaia di morti, è necessario più rigore. Cosa facciamo allora? Nel calcio moltiplichiamo il rischio perché i club di regioni meno colpite dall’epidemia come la Sicilia devono entrare in contatto con società e club di regioni più colpite come la Lombardia”.
This post was last modified on 3 Maggio 2020 - 13:48