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Stramaccioni esulta ancora: “Con l’Inter ho battuto una Juve imbattibile”

Andrea Stramaccioni, ex allenatore dell’Inter, intervistato da Sky Sport 24 ha ricordato la sua impresa dello Juventus Stadium. Ecco quanto detto.

STRAMACCIONI IDOLO IN IRAN

Le manifestazioni di piazza in Iran per non mandarti via? Incredibile. Da parte mia li ringrazierò sempre anche se è una manifestazione ingiustificata. Credo che al di là della questione calcistica, l’affetto della gente è andato oltre. Forse per qualche litigata che ho fatto. Li ho rappresentati per questo”.

AVEVI SMESSO DI GIOCARE PRESTO MA HAI AVUTO LA FORZA DI CREARTI UNA CARRIERA DA ALLENATORE…

“Quando sei andato via presto da casa sogni di diventare un giocatore, io ero partito per andare a giocare nel Bologna. I miei genitori mi sono sempre stati dietro e mi hanno fatto studiare sempre: questo mi ha permesso di avere una identità, anche se il sogno di fare il calciatore, dopo il terzo infortunio al ginocchio si è spento per sempre. Probabilmente il mio corpo non era l’ideale per fare il professionista. E da lì ho iniziato ad allenare e con tanta fortuna ho iniziato ad allenare in Serie A. L’Iran non me lo sarei mai immaginato, ma allenare in Serie A era sicuramente un sogno”.

E CHE SERIE A, MORATTI TI HA CHIAMATO AD ALLENARE L’INTER DOPO L’ESPERIENZA NELLE GIOVANILI…

“Diciamo che sicuramente la chiamata dell’Inter come società è stata una soddisfazione grande, non è facile che un allenatore delle giovanili della Roma passi all’Inter e poi alleni la prima squadra. Era l’anno della Next Generations e quanto fatto da noi era seguito da Moratti, Ausilio e Branca. E’ stato un anno un po’ sfortunato, era iniziato con Gasperini che aveva anche un grande vice, Juric, due grandi allenatori. Poi era arrivato Ranieri, un punto di riferimento per gli allenatori, e io lo conoscevo dalla Roma. Le cose sono andate male e Moratti ha fatto una fantastica follia che ha cambiato la mia vita facendomi un contratto di due mesi. Non era una squadra normale, ma piena di campioni. E io ero un giovane allenatore”.

OTTO VITTORIE CONSECUTIVE PRIMA DI UN MOMENTO NO…

“E’ stata l’apoteosi quella partita. E’ stata molto particolare, era una Juve imbattibile. Era un’armata che giocava un calcio spettacolare, senza punti deboli. Quella partita mi fa capire l’importanza dei giocatori che ho allenato: solo dei campioni possono andare a vincere a Torino una partita così e noi giocammo in una maniera spregiudicata che fu oggetto di incomprensioni con Marotta. Poi ci siamo chiariti. Io ero giovane ed ero da formare. Mi sono rotto anche la mano in quella partita perché ero in linea con la difesa e c’erano tre metri di fuorigioco con gol assegnato a loro. Poi la mancata espulsione a Lichtsteiner. Conte lo sostituì subito dopo, perché è un allenatore esperto. Poi il rigore è stato una soddisfazione perché è arrivato da uno schema interpretato da Milito, Cambiasso e Cassano è stato bellissimo. Avevo convinto i ragazzi a giocare con tre punti, Palacio, Milito e Cassano e non dovevamo prendere gol subito. Ho detto: ‘Porca vac… finisce che ci battono sei a zero. E’ stata una vittoria un po’ dell’interismo. C’è stato soprattutto con gli eroi del Triplete un momento in cui c’era uno spirito di rivalsa contro chi aveva vinto tutto. In quella partita e anche nella partita con il Milan di Ibra che vincemmo e non consentimmo la vittoria dello scudetto ai rossoneri”.

COSA VI HA POI BLOCCATO?

“Una serie di fattori. Nella gara con l’Atalanta abbiamo giocato con Samuel, Ranocchia e Juan Jesus. E in quella partita si fecero male due di loro. E’ stata una sconfitta di misura, ma ha segnato una battuta d’arresto dopo tante vittorie. Gli infortuni ci hanno fatto perdere certezze. Soprattutto quelli di giocatori chiave. Avevamo costruito la squadra per giocare in un modo, poi c’è stata anche la cessione di Sneijder, ci sono stati diversi cambiamenti che ci avevano portato a giocare con il 3-4-3. Prima si è fatto male Samuel, poi Stankovic, Milito, Chivu e Zanetti. Non so se Javier si fosse mai fatto male prima, sembrava un segno del destino. Quella è stata una tragedia. Per un giovane allenatore perdere quei giocatori era perdere pilastri nello spogliatoi che mi stavano aiutando nel cammino. E quegli infortuni ha portato difficoltà nella gestione, salirono in prima squadra tanti giocatori della Primavera. Tanto più che Moratti in quel periodo aveva iniziato a pensare alla cessione. Cominciavano facce italiane a frequentare la Pinetina. Cominciava a spiegare a noi che la società era in vendita e questo sicuramente ha portato un terremoto in un club nel quale lui era come un papà. Era una società che viveva sicuramente un’incertezza rispetto al futuro. Poi come terzo elemento ci metto sicuramente la mia inesperienza, era già un miracolo essere sopravvissuto. Servivano spalle più larghe per gestire tutto”.

QUALE FORMAZIONE SCHIERERESTI A CALCETTO?

“Uso quelli che ho allenato io altrimenti sarebbe difficilissimo. Il portiere è facile. Ho allenato Handanovic che è il più forte della Serie A. Ma sceglierei Julio Cesar perché non ho mai visto giocare così con i piedi. Discutevamo facendo certe litigate perché voleva fare la partitina fuori dai pali. Poi Samuel se aveva davanti Julio Cesar o Ibrahimovic non è che faceva tanta differenza. Ci metterei Zanetti e ci metterei Di Natale e Milito là davanti. E Stankovic a cui sono legatissimo. E ne tengo fuori tanto. Cambiasso sesto uomo”.

QUEL È VOSTRO, È VOSTRO NEL DERBY…

“Arrivavamo a questo derby contro il Milan di Allegri, che lottava per il primo posto. La partita si mise bene perché andammo in vantaggio con Samuel. A metà primo tempo annullarono un gol in fuorigioco al Milan, giustamente. Quella cosa scatenò l’ira dei milanisti. Non c’era certo il VAR. Diciamo che negli spogliatoi ci fu un po’ di caos che coinvolse tutti, compreso l’arbitro. Non andò giù quell’episodio. Appena rientrati in partita, Nagatomo collezionò due cartellini gialli ravvicinati e quella cosa condizionò molto la partita. Finimmo in dieci, avevamo già tanti infortunati. Il Milan attaccava sotto la Curva Nord e incredibilmente la Curva continuava a sostenerci. A fine partita esplosi, perché la vedevo come un’ingiustizia. Quella decisione aveva influito sulla gara, ma vincemmo e mi ritrovai ad uscire dalla parte della Nord e quella esultanza mi venne spontanea. Era anche merito loro. Potevano buttarsi giù per come stava andando la partita. Ma sono stati come un secondo portiere”.

INTER-TOTTENHAM POTEVA CAMBIARE LA STAGIONE…

“Eravamo nel pieno dell’emergenza infortuni. I ragazzi sapevano che era difficile giocare a Londra, era stato un campo difficile già anni prima. All’andata abbiamo perso 3-0, ma facendo leva sull’orgoglio di quei ragazzi fantastici riuscimmo a fare gol subito, facemmo il 3-0 ed erano andati in grande difficoltà. Cambiasso ebbe la palla del 4-0 a tu per tu con il portiere e la palla andò fuori. Il gol loro fu una doccia gelata, ma il più bel ricordo di quella sera è che Moratti, nonostante l’eliminazione, arrivò negli spogliatoi, tirò quasi giù la porta e mi diede un abbraccio dicendo: “Che partita incredibile”. Questa è la bellezza di questo presidente, amava il calcio e anche in una sconfitta lui era arrivato a dirmi che era stato tutto incredibile”.

TORNARE AD ALLENARE IN ITALIA? QUALE SAREBBE L’AMBIENTE PIÙ GIUSTO PER TE?

“L’Italia resta una priorità e lo preciso. Quando sono andato all’estero è perché ho avuto offerte importanti e sono andato in Iran per un’esperienza nuova. In Italia potrei allenare una squadra che abbia una componente giovane, che abbia un progetto, che punti su un allenatore”.

This post was last modified on 10 Maggio 2020 - 16:24

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redazione