ESCLUSIVA SI – Colonnese: “Con Bellugi il calcio perde una persona straordinaria. Solo un folle sottovaluterebbe questa Inter”

La redazione di SpazioInter ha intervistato in esclusiva l’ex calciatore nerazzurro Francesco Colonnese. Insieme a lui si è parlato di Bellugi, Simoni e di derby.

Ciao Francesco, innanzitutto ti chiedo se vuoi dedicare un pensiero a Bellugi, scomparso oggi

Ciao, sì, ho avuto modo di conoscerlo negli anni all’Inter. Una persona umilissima nonostante fosse stato un campione e di gran cuore. Conosco la moglie, che è stata anche ad alcuni miei compleanni e le sono vicino. L’Inter perde un emblema del calcio, un mito, una persona sempre corretta. L’ho sentito circa un mese fa e sembrava stesse bene. Mi è dispiaciuto molto, è stata una notizia molto brutta. Spero che la squadra domani possa dedicargli la vittoria, lui dall’alto sarebbe sicuramente contento di vedere la squadra vincere il derby”.

A proposito di derby, che sensazioni hai per la partita di domani?

Ho avuto la fortuna di poterli giocare, si vivono tantissime sensazioni bellissime. Col pubblico sicuramente sono altri derby, però affetto e supporto non mancheranno da fuori. Sarà una partita bella, ho la sensazione che l’Inter vincerà. Arriva meglio al derby, da una vittoria che fa morale e penso sia la favorita. Comunque resta una partita molto equilibrata. Il risultato del derby è sempre difficile da pronosticare, non sempre le squadre favorite vincono”.

Secondo te quali sono i giocatori, di entrambe le squadre, che possono decidere il derby?

Sicuramente ci saranno tanti duelli sulle fasce, Hakimi ha messo in difficoltà Hernandez all’andata, ma è un grande duello. Una bella differenza la farà la difesa: ci sono attaccanti molto forti da entrambe le parti, chi difenderà meglio vincerà la partita”. 

Dei giocatori di questa Inter, ti rivedi in qualcuno?

Skriniar gioca nel ruolo in cui giocavo io. È il tipo di difensore che piace a me, per il suo carattere aggressivo”.

Lite Ibra-Lukaku: è solo questione di campo o c’è qualcosa di più?

Mi auguro di no, penso che sia una cosa nata e morta in campo. Sono due persone intelligenti e spero che non l’abbiano portata avanti. Anche a me è successo di litigare, non sono un bel vedere, ma son cose che succedono.

Tu hai vissuto i primi anni dell’Inter morattiana: quanto può influire una società presente, solida, con una dimensione famigliare prima di un derby?

Influisce sicuramente molto nella mentalità di un calciatore. Però i nerazzurri sono composti da una dirigenza presente che ha dato sicuramente supporto e che è riuscita a compattare la squadra nel momento vissuto dalla società”.

I giocatori del Milan hanno dichiarato di non avere paura dell’Inter. Pensi che stiano sottovalutando l’avversario?

No, secondo me è un modo di dire. I nerazzurri hanno un attacco terribile, un centrocampo con Barella, Brozovic ed Eriksen molto solido e una difesa equilibrata, con Hakimi che è fortissimo. Solo un folle sottovaluterebbe questa Inter.

Sempre parlando di uomini legati all’Inter: nel 2020 ci ha lasciato anche Gigi Simoni, allenatore che ti ha sempre voluto al suo fianco, dalla Cremonese all’Inter e infine al Siena: quanto eri legato all’allenatore e quanto all’uomo?


Tantissimo. In questo momento purtroppo stanno andando via troppe persone di cuore e di valori. Gigi mi ha insegnato tutto. Dal rispetto per i tifosi, per i colori che rappresentavo, al dare il massimo per la maglia che indossavo. Avrebbe meritato di vincere lo scudetto con i nerazzurri, proprio per quanto ci teneva e per quanto ha lottato per questi colori. È stato un secondo padre per me, abbiamo vinto insieme all’Inter, è stata una persona piena di quei valori che si riconducono all’interismo”.

Hai mai pensato di ripercorrere le sue orme come allenatore?

Ho preso il patentino per allenare, ma non ho continuato perché diventa difficile se non inizi subito; gestire uno spogliatoio è molto difficile, i giovani sono diversi da prima, ci vogliono mediatori, io sono un tipo più sanguigno. Anche se tutti mi dicono che ero portato per diventare allenatore, da un punto di vista autoritario, per il rispetto che avrebbero portato per me e per l’intelligenza tattica”.





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