Hernan Crespo ha parlato a IntervTv del suo passato in nerazzurro e della sua attuale carriera da allenatori. Ecco le sue parole:
Sulla sua nuova carriera: “Sta andando bene la vita da allenatore, sono fortunato ora di allenare una delle migliori squadre del Brasile. Vai in giro, impari le lingue… Divertente”.
Cosa vuol dire per un argentino allenare in Brasile? “La vedo come un’opportunità, anche per conoscere da vicino tutto quello che noi ammiriamo dei brasiliani come il talento. Il fatto di aver vinto solo 5 coppe del mondo secondo me è stato per farci un favore (ride, ndr)”.
Calciatore o allenatore? “Se devo scegliere, scelgo di essere un calciatore. Da allenatore devi pensare a tutti, anche fuori dal campo. Ma oggi ho 45 anni ed è molto gratificante”.
Sulla scuola di Coverciano: “Sì, sono di scuola italiana. E ho imparato che non esiste la ricetta vincente, il modulo perfetto. Da calciatore, pur giocando a fianco di attaccanti con diverse caratteristiche, non ho mai perso la mia identità. Ed è questo quello che provo a trasmettere ai miei ragazzi: mai perdere identità, contro qualunque avversario. Ci vuole lavoro e metodologia”.
Essere stato Crespo, aiuta in questo lavoro? “L’approccio aiuta, ma bisogna prepararsi, studiare e creare una metodologia che aiuti la squadra a sentirsi “comoda”. Le cose non arrivano così, non basta essere stato un grande calciatore”.
Sul dibattito in Italia tra giochisti e risultatisti e sul cambiamento del ruolo dell’allenatore: “Non penso ci sia un allenatore che non pensi al risultato finale, tutti vogliono vincere. La differenza la fa il modo per arrivarci, e non esiste una sola maniera. Io voglio essere protagonista, padrone del mio destino, giocarsi la partita. Per me, giocare bene, è creare occasioni, essere concreti e non concedere tiri. In mezzo a tutto questo, c’è il come e il perché vuoi giocare in un certo modo. Io approfondisco quello che ritengo opportuno e quello che mi identifica. Proporre gioco costantemente e difendersi bene: ci vuole equilibrio. Questa è la mia idea, ma non è detto sia quella giusta. Sicuramente non è l’unica”.
Sul segreto per un ottimo colpo di testa “Magari fosse così semplice… Va attaccato il tempo e lo spazio, avere il timing giusto, aprire bene gli occhi. Se devo sceglierne uno che ho fatto con la maglia dell’Inter, direi quello alla Roma del 2-3 in Supercoppa, gara poi finita 4-3 per noi. Poi quello che mi tengo stretto è un altro, sempre alla Roma, con Mourinho in panchina, soprattutto per la dedica alle mie figlie”.