Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, ha parlato ai microfoni del Corriere dello Sport di alcune tematiche riguardanti il calcio italiano. Le parole:
Sulla sua scelta: “Mi ha convinto quanto il calcio potrebbe fare, e ancora non fa, per il Paese. Non dico ovviamente solo in termini economico-finanziari e di indotto. Ma in quanto risorsa “pubblica”. È un’opportunità che non voglio perdere”.
Sulla sua carica: “Sono stati in più a chiedermi una disponibilità. Alla fine tutto il gruppo degli undici che mi hanno votato. Li ringrazio di cuore per aver puntato su di me. Ma sia prima, sia dopo l’elezione ho parlato con tutti. Non sono il riferimento di un club o di una maggioranza, ma di tutta la serie A. Tra gli undici ci sono anche proprietà americane, che sono stato felice di conoscere. La Juventus si è astenuta, ma poi mi ha manifestato supporto, e in questi giorni ho scambiato punti di vista con loro. L’Inter e il Milan immaginavano un profilo diverso, me lo hanno detto, ma nulla di personale”.
Sullo scontro con la FIGC: “Ghirelli al posto del mio predecessore? Lo avevano già deciso a metà febbraio. Non ho condiviso i tempi e i modi e l’ho detto. Sarebbe stato meglio attendere l’elezione del presidente della Lega di A e poi votare il secondo vicepresidente federale. Mi auguro che non si ripeta per il futuro, nei confronti di qualsiasi componente. Mi renderò comunque utile alla Figc nel comitato di presidenza”.
Sulle riforme: “I principi informatori non sono norme di dettaglio, che possano vincolare l’autonomia statutaria della Lega in ogni suo profilo. Sugli aspetti economici, un’associazione privata è libera di organizzarsi come ritiene, nel rispetto della legge. A Gravina l’ho detto, come avviene tra soggetti che collaborano con lealtà e si riconoscono nella loro reciproca autonomia. La proroga del commissario ad acta Terracciano rischiava di configurare un controllo su aspetti che non riguardano i principi, ma altri profili riservati all’autonomia della Lega. L’ho fatto presente e il presidente Gravina, che ringrazio, mi ha rassicurato”.
Sull’indice di liquidità: “Siamo in una fase di post-emergenza e si è giocato con gli stadi solo parzialmente aperti. Ci vuole gradualità, fermo restando l’obiettivo di puntare alla sostenibilità finanziaria. Ma la liquidità, come emerso già in Consiglio federale, non può essere un elemento esclusivo, per cui società sane dal punto di vista patrimoniale rischino di essere penalizzate di fronte a una temporanea difficoltà di cassa. Ci attende un mese di lavoro intenso con la Federazione per trovare un punto di equilibrio ragionevole per tutti. Lazio, Sampdoria e Genoa a rischio? Non mi risulta. Anche perché non ci sono neanche dati aggiornati e qualunque riferimento a singole società, non verificato, può solo determinare danni d’immagine e allarmi ingiustificati”.
Sul tema plusvalenze: “Il sistema va migliorato. E le prime a volerlo sono le società. L’indebitamento parte da lontano. Quanto alle plusvalenze, non è un fenomeno solo italiano. Lo affronterò, insieme con i presidenti, con la giusta misura. Realizzare profitti da una compravendita resta un sano obiettivo d’impresa”.
Sulle discussioni presenti in Lega: “Appartengono allo sport e quindi anche alla Lega. Proverò a convogliarla verso gli obiettivi comuni! La classe dirigente del calcio spero sia all’altezza di questa sfida. Vedo analogie con alcuni settori della pubblica amministrazione. Ci sono potenzialità enormi, ma mancano alcune competenze per tradurle in atto”.
Sugli stadi italiani: “Sugli stadi mi colpiscono due cose. Hanno un’età media di oltre sessant’anni anni, e in nove casi su dieci non sono dotati di impianti efficienti sotto il profilo energetico. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cosiddetto Pnrr, può essere un’occasione per riqualificarli. Non possiamo perderla. Lo stadio è una risorsa, non solo in senso sportivo. È anche un’infrastruttura di potenziamento tecnologico ed è un potente luogo di inclusione sociale”.
Sulla Superlega: “La Superlega è stata vissuta come un tema divisivo, quando merita comunque un coinvolgimento di tutte le società. Da un punto di vista puramente personale, vedo le ragioni che hanno portato a immaginarla, in Italia e altri Paesi, ma una riforma di questo tipo non può essere disegnata senza valutare con attenzione tutte le ricadute sull’intero sistema”.
Sugli arbitri: “L’arbitro in Italia è forse il mestiere più difficile che esista. Nel calcio la velocità lo rende ancora più arduo. Non si è ancora trovato il connubio positivo tra tecnologia e fattore umano, perché siamo in una fase di sperimentazione. Challenge? Nessuna preclusione, a patto che la tecnologia serva per migliorare la decisione e non per complicarla”.
Sul suo passato da tifoso: “Io grande tifoso della Juve? Lo ero fino all’11 marzo 2022. Adesso tifo per la Serie A”, ha concluso il nuovo presidente che, tra l’altro, non ha ricevuto il voto proprio dalla società bianconera che si è astenuta.
This post was last modified on 19 Marzo 2022 - 15:53