Probabilmente Edin Dzeko è stato sempre troppo sottovalutato.
Al Wolfsburg, a soli 23 anni, è stato in grado di vincere la Bundesliga con 26 gol e 10 assist in 32 partite. Al Manchester City è stato l’eterno vice di Aguero, ma si è dimostrato comunque fondamentale nello sviluppo del progetto Citizens e ha segnato oltre 70 gol in 5 anni.
Alla Roma ha battuto record e segnato a raffica: miglior marcatore in una singola stagione (39 gol nel 16/17), miglior marcatore nelle competizioni UEFA, terzo miglior marcatore della storia giallorossa. Soprattutto, è stato determinante per conquistare la semifinale di Champions League.
All’Inter aveva l’arduo compito di sostituire il giocatore che pochi mesi prima aveva regalato lo Scudetto. Non ha avuto nessun timore. Perché lui non conosce la paura. 17 gol al primo anno con 10 assist, divenendo però la spalla perfetta di Lautaro Martinez, che infatti di gol ne segna 25 ed esplode definitivamente.
In questa seconda stagione sembrava dover essere una semplice, ma pur sempre valida, alternativa. Poi l’infortunio di Lukaku lo ha rimesso in campo con continuità. E Dzeko è tornato decisivo. E continua ad esserlo.
Nessuno degli attaccanti nerazzurri ha la classe del bosniaco, nessuno riesce a legare il centrocampo e l’attacco come fa lui. Il classico 9 e mezzo, dai piedi ottimi, visione straordinaria e killer instinct difettoso.
Perché Edin di gol ne sbaglia, e come se ne sbaglia. Ma quando bisogna segnare lui c’è sempre (Sassuolo, Plzen, Shakhtar, per citarne alcuni). E ne segna di gol belli (Roma in Coppa Italia).
L’età avanza, ne è consapevole, ma non ha intenzione di rallentare. Con la doppietta al Viktoria Plzen è diventato il secondo miglior marcatore in Champions League dopo i 35 anni con 6 reti. Superato Drogba, alle spalle solo di Cristiano Ronaldo.
Bisogna godersi Edin Dzeko, la sua classe, la sua professionalità. Bisogna godersi il numero 9. Bisogna godersi il cigno di Sarajevo, perché attaccanti come lui, dentro e fuori dal campo, ce ne sono davvero pochi.