Senza capo né coda.
La peggior Inter della stagione naufraga sotto la pioggia del “Dall’Ara”.
Le fatiche di Champions League ricadono sulle gambe dei 16 protagonisti (undici più cinque sostituzioni) della sfida odierna che, condizionati anche da un campo pesante, si subordinano al “Thiago Motta-ball” e non mostrano neanche un accenno di gioco: l’1-0 nel segno di Orsolini è il frutto di una prestazione incolore da parte degli uomini di Inzaghi, i quali in 98 minuti non inventano trame di gioco pericolose lasciando praticamente intonsi i guantoni di Skorupski.
Quella di Bologna è la settima sconfitta in campionato, una statistica impietosa per una squadra che ai nastri di partenza era additata come la favorita alla vittoria finale. La classifica attuale getta i nerazzurri in un realismo sconfortante: il Napoli ha ormai preso il largo e in pista c’è da guardarsi le spalle, con Roma, Milan, Lazio e Atalanta pronte a farsi sotto.
Una situazione che in pochi si sarebbero immaginati dopo la vittoria del 4 gennaio contro i partenopei che aveva fatto ben sperare i tifosi, illusi davanti ad una prestazione con la p maiuscola dei propri beniamini: il successo firmato Dzeko si è rivelato solo un fuoco di paglia.
Il sogno “remuntada” potrebbe ora tradursi in un romanzo di Tommaso Moro: utopia.
A riportare fin da subito il Biscione coi piedi per terra ci aveva pensato il Monza: dal match in Brianza è cominciato un leitmotiv opposto al ruolino di marcia nerazzurro da agosto a novembre 2022.
Nelle prime 15 giornate l’Inter aveva sbrigato le pratiche più abbordabili in scioltezza, chiudendo però il primo spezzone di campionato con un solo bottino pieno ottenuto a discapito di una delle prime sette della graduatoria (l’Atalanta).
Dopo i botti di Capodanno, invece, Inzaghi & co. si sono risvegliati ammazzagrandi (Napoli, Milan due volte, Porto e di nuovo la Dea), ma allo stesso tempo perdendosi inspiegabilmente non in uno, ma in più bicchieri d’acqua. Il rendimento dell’ultimo bimestre ha visto una squadra viaggiare sulle montagne russe: ad ogni successo prestigioso è coincisa una ricaduta nell’impegno successivo.
Una combinazione che fa dell’Inter una squadra a due facce, ritornata al proprio stereotipo che la rende unica dal 1908: la pazzia, di cui anche l’allenatore piacentino è responsabile.
Se ad esempio mercoledì i cambi avevano portato il risultato sui binari giusti, questa volta hanno inciso negativamente sull’economia della gara: l’ingresso di D’Ambrosio, autore del passaggio suicida da cui è poi scaturito il vantaggio felsineo, ne è l’emblema.
Sotto l’acquazzone del capoluogo emiliano sono tornati alla luce i nei più evidenti della squadra nerazzurra: una volta subito uno schiaffo, l’Inter si ferma all’angolo, impaurita e attonita.
All’incapacità di reagire è affiancata una difesa troppo instabile (28 gol subiti sono un’enormità per una retroguardia che nell’annata scorsa ne aveva subiti 32), il mal di trasferta (fuori dalle mura di San Siro persi la bellezza di 16 punti su 33 disponibili) e un attacco che da un mese abbondante a questa parte fa affidamento sul solo Lautaro Martinez.
L’argentino oggi si è dimostrato ancora una volta il leader, l’unico capace di lottare e sudare la maglia ogni domenica: l’arretramento nella propria metà campo per dare una mano in fase di impostazione per cercare di eludere il pressing asfissiante della formazione bolognese è il segno di un attaccamento alla maglia ribadito anche nel post-partita di Dazn a Borja Valero. Il neo capitano si è inoltre detto deluso da tutti i suoi compagni, facendo anche il mea culpa.
Valori che tutti ad Appiano Gentile dovrebbero incarnare per un’Inter con mentalità vincente, attributo che ad oggi scarseggia.
Per rendere la stagione salvabile è ora necessario realizzare tre imperativi. Il primo “must” è tornare dal “Do Dragao” di Oporto con la qualificazione ai quarti ottenuta (risultato da cui anche le casse del club trarrebbero beneficio).
Sul fronte campionato bisogna invece tornare a pedalare: il piazzamento Champions è tassativo, ulteriori alti e bassi non sono ammessi.
Il tutto senza dimenticare la Coppa Italia: aggiungere un trofeo in bacheca fa sempre comodo e Simone sa come si fa.
Ma se a fianco a questi “appuntamenti” non venisse segnata una spunta nell’agenda nerazzurra, la prossima estate potrebbe coincidere con una rivoluzione in casa Inter: la posizione di Inzaghi verrebbe messa in discussione e con lui il futuro di alcuni top player.
L’intero gruppo è sotto processo: sta alla banda “inzaghiana” rientrare nel ring, reagire con forza allo schiaffo e mettere k.o. l’avversario.
Francesco Flaúto
This post was last modified on 27 Febbraio 2023 - 23:59