Come nei migliori sogni. L’Inter è campione d’Italia per la ventesima volta. Storia di un processo che va a braccetto con la crescita di Inzaghi e squadra
Immaginate di trovarvi di fronte ad una sfera di cristallo il 5 luglio scorso, giorno del sorteggio del calendario di A. La palla rivela che il successivo 22 aprile l’Inter, di scena nel derby in casa del Milan, si aggiudicherà tre punti che significano scudetto della seconda stella. Roba da visionari. Allora era un’Inter senza portiere e senza un partner per Lautaro, consapevole dei propri mezzi dopo Istanbul ma reduce da un campionato macchiato da 12 sconfitte.
Alcune certezze ma altrettanti dubbi sul domani. E invece eccoci qui. Come nei migliori sogni. Nove mesi dopo, i nerazzurri toccano il cielo, o meglio, abbracciano la seconda stella per cucirla sul petto. Uno scenario idilliaco che neanche gli eroi della storia interista hanno avuto l’onore di dipingere. Campioni d’Italia, seconda stella, nella casa dei rivali. Solo a ripeterlo mette i brividi.Ma questa circostanza non è né frutto della palla magica né dell’allineamento dei pianeti.
Proviene da più lontano, dal maggio del 2021. Un’Inter fresca del 19esimo trionfo si separa da Antonio Conte. Un addio inevitabile che getta nello sconforto il popolo nerazzurro il quale accoglie, in parte storcendo il naso, Simone Inzaghi. Malgrado il passato, in molti si sono affezionati all’ex tecnico bianconero. Tre anni dopo, ci si rende conto che i meriti di Conte coincidono solo con le basi di questa squadra. Al resto ci ha pensato, in un lungo percorso, Inzaghi che, come Michelangelo, ha dipinto un collettivo straordinario.
Inter, sei bellissima: Inzaghi e il suo calcio nella leggenda
Simone ha preso ciò che la società gli ha posto davanti, con impeccabile educazione e rispetto, e ha reso l’Inter avanguardista, con un calcio che volge al futuro, dove ogni pedina può ricoprire ogni ruolo. E chissà, sempre facendo un tuffo nel passato, cosa avrebbe pensato il tifoso vedendo due difensori di ruolo giocare più alti dei centrocampisti e confezionare un gol come accaduto quest’anno a Bologna.
In alternativa, vedere un terzino come Federico Dimarco spostato al centro del campo. E ancora vedere Lautaro lottare in mezzo al campo come un mediano e a smistare palloni come un regista. Questo è il nuovo calcio. Se i nerazzurri l’hanno acquisito lo devono a Inzaghi che, sotto questo aspetto, e non solo, (non ce ne voglia Antonio) ha superato Conte. Non è un’eresia affermare che questa è l’Inter è la più bella di sempre.
L’ex Lazio ne ha passate tante. Un anno fa era sull’orlo del baratro, ma ne è uscito da signore, nel suo stile. Dopo un’annata altalenante, assieme all’intero gruppo, ha fatto quello step necessario per sedersi sul trono. Non lo dirà mai, ma la sua è una piccola rivincita verso i detrattori, così come lo è per alcuni componenti del suo organico. Quel “sognando di nuovo il tricolore” della Curva non è un più una semplice aspirazione, è qualcosa di tangibile.
Rimarrà un leggero senso di amaro in bocca per un cammino europeo forse terminato anzitempo. Ma la panchina nerazzurra è in ottime mani e ci sono tutti i presupposti per aprire un ciclo dopo la riconferma per il meritato trionfo. Il “Demone di Piacenza” è assatanato di vittorie, questo è solo l’inizio.