Mi piacerebbe che un bimbo potesse frequentare le scuole calcio, i campetti di periferia, i dilettanti. Che potesse respirar polvere, sporcarsi di fango, sbucciarsi le ginocchia, voler vincere, piangere, prendersi in giro ed abbracciarsi con tutti gli altri suoi coetanei.
Vorrei lo facesse sapendo che lo sport può unire e lo ha fatto nel passato e nel presente. Che ha smosso coscienze, che si è battuto contro i malvagi, gli ipocriti e i tiranni. Che ha vinto, perso, aizzato gli animi e nobilitato gli spiriti. Vorrei che sapesse che Tommie Smith, John Carlos ma soprattutto Peter Norman a Messico ’68 hanno vinto sofferto e pagato, ma alla fine hanno smosso il mondo. Vorrei conoscesse la storia di Alcides Ghiggia che segnando il gol del secolo ai Mondiali nel 1950 al Maracanà dichiarò: “Chi sono io per procurare tante lacrime?…” e vinse due volte. La prima ovviamente come uomo.
Mi piacerebbe che i genitori che ammirano con occhi sognanti i propri figli su improbabili spalti di campetti di periferia, si limitassero a tifare, non inveendo, non insultando, non litigando, non incitando a fare brutti falli al figlio di un altro genitore seduto al loro fianco.
Mi piacerebbe che, pur presi da un attimo d’ira funesta, nessuno usasse più le parole frocio, negro, finocchio, come insulti.
Ipocrisia? Retorica? Giustizia?
No, quella la lasciamo ai pennivendoli ed ai venditori di pronte verità, che in Italia (e non solo) abbondano.
A quelli che sulla lite Mancini-Sarri sciorinano giudizi, morali e falsità. A quelli che fabbricano titoli ed articoli basati sul nulla, per poi magari, allo schiocco di dita del padrone, rimangiarsi tutto, continuando a sputar sentenze, ad inventar notizie, scoop e soprattutto ad infangare.
Perché in fondo loro morale non ne hanno.
Chi crede invece di averne una, sperando per questo un calcio (ed un mondo) migliore, sa bene che si grida all’oggettività della giustizia fino a che non ci tocca da vicino, che si grida allo scandalo finché non ci riguarda, che siamo per non insultare nessuno, finché non siamo noi ad essere offesi, che Mancini ha ragione perché siamo nerazzurri.
Quel che ci rimane è sperare e pretendere che, chi ne è capace, possa semplicemente dare l’esempio alle nostre speranze.
Magari Sarri per primo.