EDITORIALE – Una stagione in novanta minuti

I conti si devono fare sicuramente alla fine, su questo non c’è dubbio, ma intanto le somme si possono cominciare a tirare e soprattutto qualche verdetto si è già delineato.

Mai una sola partita ha potuto racchiudere e riassumere meglio l’andamento di una stagione. Per meglio dire i 90′ contro il Genoa hanno palesato l’Inter 2015/2016, lasciando dubbi, speranze, sogni e soprattutto incognite.

Una partenza brillante con la giusta grinta, determinazione ed una discreta copertura del campo e del gioco, che ricorda un po’ l’avvio di stagione dei nerazzurri, cinici compatti e soprattutto primi. Poi un leggere calo, come il periodo di Natale e la partita con la Lazio. Andando avanti si passa al buio, al Genoa che prende coraggio e addirittura trova il gol, come il periodo nefasto di gennaio e febbraio. Si passa al finale di partita con l’Inter proiettata in avanti, a rincorrere risultato, avversario e sogni, come questo finale di stagione. Infine la sentenza che decreta la sconfitta e dichiara fallito l’obiettivo stagionale.

Le analogie (purtroppo) non terminano qui.
Per tutta la stagione, tolte le dovute eccezioni, la banda Mancini ha palesato una sterilità in attacco davvero disarmante ed oggi non fa eccezione.

Quando il killer Icardi non riesce a dare la zampata, i compagni non lo aiutano, anzi. Negli ultimi 15 metri, oggi come sempre, la squadra si perde, straccia occasioni clamorose e vanifica sforzi ed impegno. Eder doveva essere la soluzione, ma come dimostrato stasera, magari ci va vicino ma alla fine non incide.

Il centrocampo granitico con due mediani di sostanza, vero è che fa diga, ma non crea, non imposta e difficilmente riesce a creare spazi, a velocizzare e a verticalizzare.

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Ovviamente non può mancare la sfortuna, che alla prima disattenzione punisce i nerazzurri e li fa piombare nella paura.

Poi c’è il capitolo Mancini, che se Shaqiri non ha mai capito, inizia a far dubitare anche i più attenti ed i più grandi estimatori.

Il suo credo è coinvolgere tutti gli effettivi, ruotare giocatori e moduli ed adattarsi all’avversario. Molte volte può funzionare, altre no e soprattutto alla lunga potrebbe significare mancanza di lucidità e di chiarezza. 

Se una partita gioca bene Kondogbia, la partita successiva è molto probabile che non giochi. Se Jovetic è spumeggiante, il match seguente partirà dalla panchina. Se la squadra si trova a suo agio con il 4-2-3-1, durante la stessa gara ed ovviamente quella successiva il tutto può essere stravolto in un 4-3-3 o addirittura in un 3-5-2.

Brozovic, giocatore duttile e tecnicamente molto valido ha ricoperto tutti ruoli dal centrocampo in sù, per non parlare delle volte in cui Perisic è stato schierato a destra o addirittura trequartista e per finire a Jovetic.

Il montenegrino ha iniziato la stagione alla grande, è andato via via spegnendosi come tutta la squadra e sul finire del campionato si sta riprendendo. Contro il Napoli ha disputato un’ottima partita, sfoderando numeri di alta scuola e aprendo varchi, gioco e brillantezza per squadra. Oggi, per la cronaca, è partito dalla panchina ed è entrato solo in extremis.

Ultima considerazione va a Spalletti che con vigore ha sentenziato che Totti non è la Roma e davvero non la salva lui. Beh, senza il pupone forse la Beneamata sarebbe a 3 punti dai giallorossi e tutti saremmo a scrivere un’altra storia.

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