L’autobiografia di Mauro Icardi, oltre la discussa diatriba con la Curva Nord, contiene altri aneddoti, riguardanti, stavolta il suo periodo al Barcellona. In “Sempre Avanti” dedica un intero capitolo a questo episodio abbastanza caotico nel giorno del suo diciassettesimo compleanno:
“La follia che passerà alla storia l’ho combinata in occasione del mio diciassettesimo compleanno, il 19 febbraio 2010. Volevo festeggiare insieme ai miei compagni di squadra, ma avevo un problema da risolvere: non sapevo dove organizzare la festa. L’idea di prenotare un tavolo in una delle discoteche che frequentavo solitamente durante le mie scorribande notturne era subito naufragata. (…) La scelta era obbligata: La Masia. Ho informato subito i ragazzi: ‘Faccio la festa qui dentro, offro tutto io, tranquilli, preparatevi per la serata’. Ero andato a fare la spesa al supermercato, riempiendo il carrello con bottiglie di vodka alla menta, alla fragola e bianca per i cocktail, whisky, limoncello, ma anche coca cola e aranciata per gli astemi“.
L’inizio della festa e la follia dell’estintore: “A mezzanotte, ho dato il via ai festeggiamenti: musica a palla rimbombava in ogni camera e lungo tutto il corridoio del dormitorio mentre si ballava e si beveva. Poi ho scatenato il casino. A un certo punto ho preso l’estintore appeso al muro delle scale e ho iniziato a spruzzare la schiuma dappertutto: per terra, sul muro e addosso ai compagni che cercavano invano di fermarmi. Un disastro totale, perché uno strato di trenta centimetri di schiuma bianca aveva invaso tutto il corridoio. Volevo lasciare il segno e ci sono riuscito alla grande. Verso l’una di notte è arrivato il momento di pulire per far sparire ogni traccia della festa. (…) Io, invece di aiutarli, me la sono squagliata per andare in discoteca, a finire la serata con i ragazzi più grandi, fino alle cinque del mattino“.
Le conseguenze: “Al mio risveglio, due ore dopo, mi sono trovato davanti il direttore di La Masia. Non era un incubo, ma la triste realtà: voleva sapere cos’era successo quella notte. (…) I miei compagni si erano messi d’accordo per raccontare una storia fittizia ma il più possibile simile alla realtà, incolpando un gruppo di ragazzi esterni a La Masia, che erano entrati di nascosto per fare dei danni alle strutture dello stadio. (…) Morale della favola, nella lettera sono stato l’unico a raccontare per filo e per segno quello che era successo. Ma nessuno all’inizio mi voleva credere, proprio perché gli altri avevano scritto l’esatto contrario. La festa mi è costata l’espulsione per quindici giorni e un biglietto dritto dritto per casa, alle Canarie. (…) Al mio rientro non mi hanno più voluto a La Masia”.