Hapoel Inter, domani si festeggia in America il Black Friday, la giornata degli sconti. L’Inter invece anticipa tutti e lo sconto lo fa di giovedì, si fa lo sconto ai viaggi europei e ai suoi tifosi sconta l’ennesima delusione europea.
Hapoel Inter: Omalleo Simpallao ha segnato Maranhao
Alzi la mano chi prima di questa Europa League conosceva Lucio Maranhao.
Il simpatico attaccante che può ispirare un allegro ritornello è stato l’autore morale del capolavoro interista: trovare un girone facile facile e far felici tutti gli avversari.
Ma non venga in mente che a pagare sia l’allenatore, puntiamo più in alto, vinceremo il Giro d’Italia.
Diteci quale squadra è mai stata così spezzata tra campionato ed Europa League grazie a sciagurate gestioni finanziarie del passato, quale equipe compra Kondogbia, Joao Mario, Gabigol e Jovetic e poi scopre che non li può schierare in Europa.
Le parole di Materazzi giorni fa hanno svelato qualche dubbio, non poi così amletico, cioè che il male dell’Inter non sia l’allenatore ma una figura italiana che continua a far danni ininterrottamente.
E questa Europa League non è il fiasco di Pioli o di de Boer, è la certezza che dietro l’Inter manchi un progetto serio e a dirla tutta, forse l’Europa League era solo un impiccio e un chi se ne frega ai milioni che avrebbe portato.
Hapoel Be’er Sheva, sembra il nome di una birra con Shevchenko, Southampton invece ricorda il Titanic e lo Sparta gioca nell’adorabile città di Praga, ma nessuna delle tre è Zoncolan, Mortirolo e Stelvio. ergo, facciamo del bene a tutte e tre le squadre e regaliamo loro gioie.
Capitolo mister, a de Boer viene consegnata una squadra che neanche lui sa come fa giocare, l’ha disegnata Mancini che un anno fa predicava scudetto.
Come per magia de Boer incanta, ma la squadra sbagliata, l’Hapoel sbanca San Siro e si regala il culmine della sua favola, anzi no, il culmine lo toccherà oggi grazie ad una gloriosa rimonta.
Hapoel Inter, battuta la Juve, a noi la Coppa
Battuta la Juventus pare che la banda de Boer abbia vinto il Giro d’Italia vincendo la prima tappa di montagna, una salita che pare invalicabile viene conquistata, ma nessuno avvisa la truppa nerazzurra che esistono altre battaglie.
La conquista dei bianconeri illude tutti, la squadra è forte, quadrata, ha un’anima, ed è talmente essenziale che non sa come si difende con lo Sparta, distratta com’è dalla bellezza di Praga e da una punizione che vede fermi tutti i soldatini dell’Inter.
E’ solo un episodio, una ruota bucata in discesa, si vince allo sprinti, battuto il Southampton che fa la partite, decide Icardi e si alzano le braccia al cielo: “Vinceremo il Giro“, gridano i paladini nerazzurri.
Poi tant’è, in massa si va dove è partito il Titanic e cosa fai, non lo imiti? Come una caduta dalla bici l’Inter va in vantaggio, perché illudere è una cosa bellissima, poi rallenta, si fa raggiungere e superare dai Saints e di santi i tifosi nerazzurri ne invocheranno tanti, con penitenze di preghiere che iniziano nel 2016 e se tutto va bene finiranno nel 2100 per avere un assoluzione.
Arriviamo a oggi, c’è un nuovo condottiero nell’ammiraglia che deve far vincere il Giro d’Italia, si chiama Pioli, si professa interista, carica i suoi come una molla e poi si ritrova in Europa con Melo.
Non può esser sua la colpa, perché quando l’Inter vuole scatta in salita, domina l’Hapoel, va in vantaggio di due gol e poi si chiede: perché? perché oggi è così facile? Noi siamo l’Inter, vinceremo la tappa anche se mancano 1.000 km all’arrivo e noi siamo in fuga controvento e con le ruote sgonfie.
Il paragone col ciclismo ci sta, come una crisi di fame (una dissenteria sarebbe troppo facile da diagnosticare ad alcuni elementi nerazzurri) l’Inter si sgretola, non corre, non ragiona, cade in tranelli da oratorio.
L’Hapoel oggi ha meritato, chi non merita questa Inter è il tifo che ancora oggi, quello nerazzurro, ne esce sconfitto, a testa bassa e con la voglia di sorridere ugualmente per la fine di un incubo.
Non si chiede all’Inter la vittoria di un Giro (che sia campionato col terzo posto o illusioni varie) ma si chiede che in qualsiasi competizione e su qualsiasi terreno di gioco chi ha la maglia nerazzurra esca avendo dato il massimo, ma che possibilmente questo avvenga al novantesimo, non al trentacinquesimo del primo tempo.