Lettera d’auguri ad un uomo Speciale: José Mourinho

Oggi 26 gennaio nasce uno dei più grandi allenatori della storia dell’Inter e del calcio mondiale: Josè Mourinho. L’allenatore portoghese, sulla panchina nerazzurra per due anni, ha vinto con l’Inter tutto quanto si potesse vincere. Spazio Inter ha voluto omaggiare il portoghese con una lettera.

UN AMORE LUNGO QUASI 13 ANNI

“Scoccata la mezzanotte, non c’è stato neanche bisogno di andare a controllare. E anche se ho una buona memoria e una predisposizione particolare a ricordare le date, questa era praticamente possibile da ignorare. 23:59 del 25 gennaio: passano un solo secondo, è la mezzanotte del 26 gennaio. Che, per molti interisti, me in testa, vuol dire solo una cosa: il tuo compleanno, Josè. 24 ore in cui tutti i bellissimi, favolosi ricordi legati al Tuo nome, tornano improvvisamente tutti insieme, sovrapponendosi in un fantastico mix di pensieri stupendi. Ma l’amore per te, che cresce giorno dopo giorno, ha radici ben più profonde dell’ormai storico 2010. Nel mio caso, bisogna andare molto più indietro.

Precisamente, al 26 maggio 2004. La Champions League, come già allora era mi era ben chiaro, è sempre una questione privata tra poche squadre. Ma quell’anno, il 2004, fu un anno strano, tra competizioni nazionali e per club. Quel giorno, nella finale di Gelsenkirchen, vidi una squadra normale alzare la coppa più importante del nostro continente. A farlo non furono Raul, Shevchenko, Makaay, Ronaldo, Del Piero o altri fuoriclasse. Una squadra normale, con pochi ottimi giocatori (indimenticabili Deco e Carvalho). Logico pensare ad un’impresa. Un’impresa possibile soprattutto grazie ad un allenatore finora a me sconosciuto. Da quel giorno pensai “Cavolo, la Champions League vinta dal Porto è un miracolo. Ed è quasi tutto merito suo. Ho deciso: lo voglio all’Inter.”

Ma Josè Mourinho era già promesso sposo del Chelsea. Peccato, pensai. Ma nel 2004 Mourinho aveva a malapena 41 anni. C’era ancora tempo. Nel frattempo, l’anno dopo l’impresa inizia a contornarsi di un alone di leggenda. Il club di Abramovich, dopo tante spese e tanto, tantissimo tempo, vince la Premier League. Esattamente 50 anni dopo. Ancora una volta pensai “Questo è l’uomo giusto, voglio Josè Mourinho all’Inter”. Dopo qualche semifinale sfortunata, nel settembre 2007 Mourinho e il Chelsea si separano. Peccato, pensai. Ma un altro sogno sfiorò la mia mente: il grande incontro forse è più vicino.

2 GIUGNO 2008: IL MATRIMONIO PIU’ BELLO

La grande occasione arriva l’11 marzo 2008, ma le circostanze non sono delle migliori. Per il secondo anno di fila, l’Inter esce agli ottavi di Champions League, eliminato dal Liverpool. In conferenza stampa, Mancini annuncia: “Questi saranno i miei ultimi mesi da allenatore dell’Inter”. Un bel problema pensai. Inizialmente, la prima preoccupazione fu per campionato e coppa. Va bene il cambio di allenatore, ma c’è uno Scudetto da vincere, e una Coppa Italia da riconquistare. Impresa riuscita a metà, purtroppo e per fortuna. Ma, nonostante tutto, la mia mente viene distratta da alcune notizie. “Mourinho studia l’italiano. Sarà lui il nuovo allenatore dell’Inter?”. Dopo il 18 maggio, giorno dello storico 0-2 a Parma con cui l’Inter vinse il secondo (pardon, TERZO) scudetto di fila, oltre a festeggiare, ebbi un solo pensiero, quello che mi assillava da quattro anni: “Voglio Josè Mourinho all’Inter”.

Il 2 giugno 2008, mentre sono in vacana, mio padre compra la Gazzetta e, di corsa, me la porge per farmi leggere il titolo in prima pagina. Gioia, tripudio, stupore e lacrime. Josè Mourinho è il nuovo allenatore dell’Inter. Dopo 4 anni di attesa, il mio allenatore preferito arriva nella mia squadra preferita. Il giorno dopo, il 3 giugno, c’è la presentazione ufficiale del nuovo tecnico. Giravano voci per le quali Mourinho avrebbe portato in nerazzurro alcuni dei suoi fedelissimi del Chelsea. Ma la domanda era già stata fatta, e il Vate aveva già glissato. A questo modo furbo di fare la stessa domanda di prima, parte il primo colpo di genio. “Sisi…ma io non sono pirla”. Standing ovation della sala stampa, risate ed applausi. Lui non lo sa, ma ha appena scoccato la prima, potentissima, freccia al mio cuore.

TU NON SEI IL MIO ALLENATORE, SEI IL MIO DIO

Un’altra tappa fondamentale per il processo di divinizzazione di Josè Mourinho passa inevitabilmente da una partita fantastica dell’Inter. Il Derby con il Milan.I nerazzurri vincono 2-0 in 9 uomini. Mentre l’Inter è in 10 e soffre, Balotelli conquista un calcio di punizione vicino la bandierina della metà campo dei rossoneri. Ad un certo punto, sento un boato crescere pian piano. E’ San Siro. Ma cosa succede? Non c’è nessuna diretta concorrente che gioca in contemporanea. Si tratta solo di un calcio di punizione. Cambio di inquadratura: Mourinho sta chiedendo a tutto lo stadio di sostenere quei 10 ragazzi che, in campo, stanno dando l’anima. Mi alzo sul divano e, come se fossi lì presente, inizio ad incitare ed urlare come un pazzo. Mai vista una roba del genere, in 15 anni di calcio seguito e giocato.

L’altra data storica, tanto scontata quanto indelebile, è il 22 maggio 2010. Per me, allora, già passare gli ottavi era un miracolo. Ma arrivare in finale in quel modo, dopo aver eliminato il Barcellona di un’altrà divinità scesa in terra, quel Lionel Messi (un altro che vorrei vedere in nerazzurro, caro Zhang…), è addirittura storico. Il 2-0 al Bayern corona qualcosa di impensabile: il Triplete. Dopo la Coppa Italia (ero all’Olimpico, quel 5 maggio 2010) e lo Scudetto, la Champions. Una roba mai riuscitami, né alla Playstation, né nei miei più reconditi e perversi sogni. Tra le lacrime di gioia, di rabbia repressa, di luce in fondo al tunnel, un nome spicca, ad onor del vero, tra tanti: Josè Mourinho. Comprensibile la tua partenza, non ho provato neanche un briciolo di rabbia. Tanta tristezza, che non è bastata a coprire la gioia di quanto mi/ci hai regalato.

Da allora, non hai fatto altro che cambiare le logiche del mio modo di pensare. Ho tifato Real Madrid nei tuoi 3 anni al Bernabeu, quando da sempre ho preferito il Barcellona di Messi. Mi hai fatto nuovamente tifare Chelsea in Premier League ed in Champions, quando anche i sassi sanno del mio amore per il Liverpool. Tu non hai solo cambiato i miei desideri: li hai stravolti.

20 FEBBRAIO 2016: L’INCONTRO DELLA VITA

Questa data dirà poco e nulla a tutti i tifosi nerazzurri. Ma, per me, è stato il coronamento di un sogno. l’Inter invita Josè Mourinho a San Siro per Inter-Sampdoria. Josè Mourinho torna a Milano. Grazie ad una soffiata, scopro dove riposa, in attesa del match. In giro per la città, ed infine sotto casa di Moratti, per 5 ore. Finalmente Josè esce dall’appartamento e, dopo qualche dichiarazione, inizia a fare le foto con i (pochi) tifosi lì presenti. Ma io sono un po’ indietro, e la partita incombe. 

A questo punto, hai deciso di compiere l’ennesimo miracolo: ti chiamo chiedendoti una foto, il ricordo di una vita. Tu sei già entrato nella macchina. Ti giri, mi chiami. La tua voce, la tua attenzione, è stata, anche per soli 20 secondi, tutta per me. Mi fai entrare in macchina, mi fai scattare la foto. Quel giorno, forse più di tutti gli altri, ti ho ringraziato come non ho mai fatto con nessuno in vita mia.

A questo punto, mi gioco la mia ultima citazione per Te. “C’è una parola in tedesco: “Lebenslangerschicksalsschatz”, e la traduzione più vicina sarebbe “il regalo del destino di una vita”. […] Lebenslangerschicksalsschatz non si sviluppa col passare del tempo. E’ qualcosa che si crea all’istante. Una sensazione che ti attraversa impetuosa, come il corso di un fiume. Che ti riempie e ti svuota allo stesso tempo. La percepisci in tutto il corpo. Nelle mani, nel cuore, lo stomaco, sulla pelle”. Tu sei il mio Lebenslangerschicksalsschatz. Buon compleanno, Josè. E grazie. Grazie ancora.”

Piergiuseppe Pinto

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