Non sarà un gol a porta vuota di Zarate a trasformare un giocoliere di calcio in un eroe. Certi concetti fondamentali è meglio metterli in chiaro fin dall’inizio. Sono assiomi a partire dai quali si può cominciare a discorrere.
L’Inter è ancora in lotta per il terzo posto, così come Lazio, Udinese e Napoli. Con qualche speranza in meno rispetto a questi ultimi, ma basta per dare un senso al finale di una stagione insensata. I tifosi nerazzurri non tremano al “gol” di Ceccarelli, avendo fatto incetta di docce fredde in stagione. A dare i brividi è la seconda rimonta compiuta in cinque giorni, stavolta addirittura in maniera fortunosa. La fortuna dei principianti, direbbe qualcuno. La fortuna che aiuta gli audaci, preferiamo pensare noi.
Al netto della resistenza tutt’altro che strenua del Cesena, l’audacia è tutta da vedere nella coerenza di Stramaccioni: scelta logica quella di dare spazio a Pazzini nella partita “più facile”, scelta illogica quella di lasciare ancora una volta fuori Poli. Ma talvolta la logica ha valore soltanto aprioristico. Così la scelta logica diventa sbagliata con Pazzini che si ostina a farsi aspettare più di Godot, mentre quella illogica diventa azzeccata, con Obi – ben aldilà dei meriti nella carambola dell’uno a uno – migliore in campo, Cambiasso in versione vintage di lusso e Guarin, altalenante per sessanta minuti, decisivo nel mandare in rete addirittura Zarate. Impresa che vale doppio.
Le valutazioni saranno fatte al termine di queste tre partite. Ma le scelte, quelle della dirigenza, vanno fatte prima. Al di là del campo di azione europeo del prossimo anno questa squadra ha bisogno di ripartire dai giovani, anche a costo di sacrificare una stagione o più all’altare di un progetto vincente a medio-lungo termine, per ora inesistente. A prescindere dai meriti in queste tre gare non si può pensare di regalare ancora milioni a gentaglia del calcio come Zarate, Chivu e Lucio per poi nascondersi in maniera meschina dietro l’alibi del fair play finanziario.
A prescindere dai risultati in queste tre gare non si può negare la riconferma a un tecnico che ha trasformato una squadra calcisticamente morta in un gruppo quantomeno pimpante. Non si può sperperare un capitale della società dopo averlo impiegato in un investimento che, pur essendo a volatilità fin troppo elevata, sta dando i suoi dividendi.
Sarebbe incoerente. Ancora una volta. Una volta di troppo.