Da bambino esistono poche cose che possono segnarti, il primo giorno alle elementari, la mano di tua mamma che ti lascia per un futuro ambiente di psico-bimbi permalosi, una rarità, tifare una squadra che per il resto della tua vita può inseguirti, ispirarti e farti innamorare.
Interista? Ma perché?
Quando sei un bambino tutto può essere apocalittico, basta uno sguardo, un consiglio o un colpo di fulmine, ma finisce che poi quella scelta te la puoi portar via per la vita eterna.
Io ho scelto di essere interista.
Ho scelto, non lo sono diventato, benché mi piacessero i colori rossoneri e la figurina di Ruud Gullit fosse la mia preferita in assoluta sono cresciuto con l’Inter dei Record, tutto maiuscolo, con Lothar Matthaus che faceva paura appena entrava in campo, con l’Uomo Ragno in porta e lo Zio in difesa, altro che la BBC juventina.
E ora cosa ho? Bambini prodigio che giocano nell’Inter, che calcano il campo ma si dimenticano gli attributi in panchina, in tribuna o anche a casa.
Quanto era bella l’Inter del Trap, quella di Bagnoli, quella di Simoni, quella di Cuper e poi Mou, tutte squadre che potevi metter sotto ma che ti rimontavano il risultato e recuperavano, come ballar salsa e fare un figurone davanti a mille ragazze.
Manca Mancini, non posso e non voglio vantarlo, questa stagione è figlia dei suoi capricci, non lo scrive nessuno ma abbandonare una barca prima dello tsunami è vigliaccheria, ma per il Mancio non è la prima volta, anche nel post Liverpool fu così..ma in quell’attimo arrivò Mou.
Non è uno sfogo, ma una cosa concreta, chi pensa di prendere l’Inter in mano (Sabatini, Oriali, Ausilio, Spalletti, Topo Gigio, Fiorello, Ispettore Gadget) sappia che prende in mano i nostri cuori, i nostri modi di essere, la nostra felicità, il nostro modo di avere una rivalsa su quel pianeta brutto e arrogante a tinte bianco e nere (son senza colori, mica scemi), ma abbiate pietà di noi, tifiamo l’Inter, ed è un piacere.