Ciao “Orla”, vecchio cuore nerazzurro

Miglior attore non protagonista. Così si potrebbe riassumere il ruolo avuto da Paolo Orlandoni negli anni nerazzurri.

Cresciuto calcisticamente nel settore giovanile interista, dopo 15 anni di onorata carriera, è ritornato alla casa madre nell’estate del 2005, alla vigilia del lustro dorato che ha visto l’Inter vincere 5 scudetti, 3 coppe Italia, 4 Supercoppe italiane, 1 Champions League e 1 Mondiale per club.

Solo sei presenze in sette anni, ma una presenza, spirituale e carismatica, riconosciuta da tutti i suoi compagni all’interno dello spogliatoio.

L’highlight della sua parentesi nerazzurra è senza dubbio quello vissuto nel maggio 2009: Inter-Siena, festa scudetto, al trentaduesimo del secondo tempo la “Nord” chiama Orlandoni, Mourinho non se lo fa ripetere due volte: dentro “Orla” per Julio Cesar tra il tripudio generale.

La sua maglia numero 21 è stata molto chiacchierata in questi giorni, con le voci di Lavezzi all’Inter che hanno spinto i re del tarocco ad assegnare preventivamente al Pocho la maglia di “Heidi”, nickname risalente ai tempi di Reggio e legato alle sue origini bolzanine; divertente l’uscita di mister Stramaccioni sul tema: “Occhio che siamo a rischio denuncia”. Ennesimo attestato della professionalità e dell’importanza di Orlandoni all’interno della famiglia nerazzurra.

Nella stagione degli addii eccellenti, di Cordoba, di Nesta, di Del Piero, l’Inter saluta il suo perfetto terzo portiere, e lo facciamo anche noi: Ciao Paolo!!!

LA LETTERA DI “ORLA”, DA INTERISTA AGLI INTERISTI:

“Grazie Meravigliosa Inter!

Ho ancora il cuore un po’ traballante, ma ci tenevo a condividere con tutti voi questa piccola storia di grandi emozioni. Sono arrivato a Milano a 14 anni con una valigia piena di sogni, vivevo nel cosiddetto pensionato, con la voglia matta di diventare un gran portiere. Per fare esperienza, dopo quattro anni di Settore Giovanile, ho iniziato a girovagare, giocando in tutte le categorie, ma il mio cuore era sempre lì, a San Siro, dove da ragazzino litigavo per andare a fare il raccattapalle e guardare Walter Zenga da vicino, soprattutto quando si caricava salutando quella curva dello stadio dalla quale era partito.

Dopo un bel giro delle porte d’Italia, sette anni fa sono stato richiamato e, quasi incredulo, ho fatto la mia ultima valigia: per tornare a casa mia, all’Inter. Ricordo ancora quel giorno: ero nella sede di un club di serie B, dovevo trattare un possibile ingaggio, mi arriva una telefonata e… ‘scusate, devo andare, il mio posto è là… ‘.

Sono stati anni bellissimi, indimenticabili. Un gruppo straordinario di uomini ha scritto la storia del calcio: scudetti, coppe Italia, supercoppe, Champions League, Mondiale per Club.

Grazie Presidente Moratti, grazie alla sua bellissima famiglia.

Grazie ai dirigenti. Grazie a tutte le persone che lavorano quotidianamente con e attorno alla squadra, in sede, ad Appiano, allo stadio, a Inter Campus, al Centro Coordinamento Inter Club, al centro sportivo Facchetti.

Grazie a tutti i compagni che mi hanno sempre fatto sentire importante, persino oltremisura. Grazie a tutti gli allenatori, i preparatori, il professor Combi, i medici e gli amici massofisioterapisti che mi hanno… tenuto insieme.

Grazie a tutti voi, popolo nerazzurro. Ho realizzato il sogno: non sarò diventato il nuovo Walter Zenga, ma un coro a San Siro per me non è mai mancato. Spero di essere riuscito a ricambiare l’affetto, di essere riuscito a farvi capire che ero semplicemente uno di voi, con la grande fortuna di poter indossare la maglia per giocare e non solo per onorarla, sempre, da tifoso”.

Ora la prima parte del cerchio si è chiusa. Nella seconda proverò a realizzare un nuovo sogno: allenare i portieri. La soddisfazione più grande è poterlo fare qui, a casa mia. Così, tra una presa e un tuffo, potrò raccontare a loro che vivere nerazzurro è un privilegio, una scelta da rispettare ogni giorno, una forza in più.

Sempre Forza Inter!”

 

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